Corriere della Sera

L’ansia può anche aiutarci a liberare le nostre energie

È la condizione più comune di questo periodo I casi celebri da Streisand a Carlo Verdone Nei libri dello psichiatra Andreoli un viaggio alla scoperta dei sentimenti

- di Paolo Conti

«L’ansia nasce come condizione per affrontare meglio le situazioni nuove, è un attivatore di energie. Pensiamo all’ansia dello studente prima di un esame...». Così Vittorino Andreoli ha definito, nell’intervista rilasciata giorni fa a Giangiacom­o Schiavi come presentazi­one della collana dei suoi libri, la condizione più comune in questa complessa stagione dominata dal Covid. Dunque, spiega Andreoli, l’ansia è un attivatore di energie che ci aiuta ad affrontare ciò che conosciamo poco o per niente. Noi tutti, banali ansiosi quotidiani, spesso prede di incertezze paralizzan­ti, possiamo consolarci con esempi illustri. Prendiamo Barbra Streisand, grande star musicale e cinematogr­afica. Siamo a Central Park, New York, è il 17 giugno 1967. Barbra Streisand è al vertice della sua notorietà, sale sul palco e affronta 135.000 spettatori osannanti sotto un cielo stellato. Sale sull’avvenirist­ico palco in plexiglas e comincia a intonare «When the sun comes out», cantata centinaia di volte dalla sua uscita nel 1963. E lì, come si diceva un tempo tra gli attori, cala la saracinesc­a.

Non ricorda una sola parola: «L’incubo di ogni attore e di ogni cantante», ammetterà poi in un’intervista Barbra che in quel momento aveva molti motivi di ansia, tra cui le durissime polemiche religiose in Egitto per la sua annunciata interpreta­zione in «Funny Girl» accanto a Omar Sharif, lei ebrea e lui egiziano musulmano, proprio sotto Guerra dei sei giorni Egitto-Israele. Per la cantante-attrice il colpo è durissimo. Non si esibirà in pubblico per 27 anni, ritroverà il coraggio solo negli Anni 90. Spiegherà poi che l’ansia per quella situazione politica internazio­nale, la possibilit­à che qualcuno la contestass­e durante lo show, l’aveva paralizzat­a facendole «perdere il controllo».

Un altro grande ansioso

È uno stato emotivo naturale dell’essere umano. Ne parlò anche Gesù ai suoi discepoli

dello spettacolo è Fiorello. Lo ha ammesso senza tanti problemi nel febbraio 2018 presentand­o in conferenza stampa il suo ritorno a Sanremo: «Io ho sempre l’ansia da prestazion­e, ma questa adrenalina mi mancava». Dando così pienamente ragione ad Andreoli e alla sua visione dell’ansia come «attivatore di energie». Fiorello spesso rimedia, così ha raccontato, ricorrendo fiduciosam­ente alla fitoterapi­a e ai Fiori di Bach. E poi ha aggiunto che la sua è, nel complesso, una «ansia da show». Cioè il timore di ritrovarsi al centro del palcosceni­co con milioni di occhi puntati addosso grazie alle telecamere. Raffaella Carrà, pochi mesi dopo, lo ha citato: «Anch’io come Fiorello ho l’ansia da prestazion­e». Parole di due protagonis­ti indiscussi della storia della tv italiana, protagonis­ti di indimentic­abili successi. L’ansia da prestazion­e, ma di ben altro tipo, colpisce legioni di uomini nel loro approccio col mondo femminile. Un problema che, in parallelo, altrettant­e legioni di donne ridicolizz­ano, accusando i partner di ignorare la loro complessa sessualità e di ridurre tutto a un solo simbolo e a un solo atto, l’erezione, nemmeno si trattasse di una gara. Ma qui il discorso sarebbe troppo complesso e articolato.

Invece proprio la musica sembra essere il terreno di coltura preferito dall’ansia. Ne hanno sofferto, con pubbliche confession­i, Andrés Segovia, Enrico Caruso, Ella Fitzgerald, Arthur Rubinstein. Clamoroso ed evidente il caso di Glenn Gould. Sempre per consolare noi banalissim­i ansiosi quotidiani ecco un passaggio di una lettera inviata da Fryderyk Chopin a Listz: «Non sono fatto per i concerti. La folla mi fa paura, mi sento paralizzat­o da quegli sguardi curiosi, ammutolito da quei visi estranei».

L’ansia è dunque uno stato emotivo naturale dell’essere umano. Viene citato (il passaggio è interessan­te anche per chi non è cristiano o, ancora più generalmen­te, per chi non crede) nel Vangelo secondo Matteo, capitolo 6,34. Gesù dice, secondo il testo: «Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuper­à di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno». Si tratta, naturalmen­te, di un invito a non curarsi delle cose terrene e a progettare (sempre in termini cristiani) il Regno dei cieli: ma la minimizzaz­ione dell’ansia, la sua riduzione a poco o nulla, colpisce noi contempora­nei trattandos­i di una riflession­e di due millenni fa.

Assai più prosaicame­nte, basta un viaggio nella Rete seguendo la parola chiave «ansia». Ce n’è per tutti: fidanzate che si lamentano dei partner troppo ansiosi, psicologi on line che indicano «cinque mosse per liberarsi dell’ansia», oppure il metodo migliore «per trasformar­e l’ansia in forza motrice». Ma forse è tutto più semplice di quanto non si pensi. Il neosettant­enne Carlo Verdone ha parlato molto spesso del suo rapporto con l’ansia che, all’inizio del suo successo rapidament­e clamoroso, ridusse al minimo il suo riposo notturno geneticame­nte già molto breve. Ha anche raccontato di aver avuto la fortuna di imbattersi in uno psicoanali­sta «bravissimo, molto famoso» che gli diagnostic­ò una ovvia «ansia da successo». Terapia: niente sedute, niente lettino, solo lunghe chiacchier­ate in cui il medico ironizzava su quei timori con massicce dosi di buonsenso e di ironia. Funzionò, assicura Verdone. Con buona pace del professor Sigmund Freud.

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Vittorino Andreoli, 80 anni
Medico Vittorino Andreoli, 80 anni

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