Rashford l’attivista che spacca l’Inghilterra
Nell’impossibilità di essere banale Marcus Rashford, 23 anni, attaccante dei Red Devils, inglese di Manchester con antenati nevisiani (la nonna Cillian era nata a Saint Kitts e Nevis, minuscolo arcipelago delle Piccole Antille) nel match di Champions contro il Lipsia si è alzato dalla panchina, ha segnato il gol del 2-0 e poi ne ha fatti altri due, per arrotondare il punteggio sul 5-0 finale. Tutto in 27 minuti.
Una lezione politica, anche questa, a suo modo: al ragazzo che sta aiutando Solskjaer a riportare il Manchester United sui livelli della gestione Ferguson (auguri) non piace perdere tempo in ciance. Non lo ha mai fatto, nemmeno durante il primo lockdown per coronavirus, quando aveva costretto il governo conservatore di Boris Johnson a impegnarsi a garantire pasti gratuiti per i bambini in difficoltà anche nel periodo di chiusura delle scuole inglesi, con le mense serrate. Un atleta diventato attivista in corso d’opera, alla maniera della tennista Naomi Osaka che all’Open Usa era scesa in campo con sette mascherine diverse con il nome di afroamericani uccisi dalla polizia di Trump, una per ogni match giocato, ma non per questo esente da critiche.
Attaccato dalla destra, che ha affidato al Daily Mail l’elenco da visura catastale di tutte le proprietà milionarie di Rashford nel Cheshire, cinque ville per un valore di 2 milioni di sterline (titolo: «L’impero delle case di Marcus» come se fare beneficenza da ricco fosse un reato contro la morale), ieri il numero 10 dei Red Devils (maglia iconica indossata da Rooney, Van Nistelrooy, Ibrahimovic e pure Beckham) è stato difeso a spada tratta dal progressista
Guardian. Non puoi mettere in imbarazzo i conservatori gratis, scrive l’editorialista Jonathan Liew, denunciando l’esistenza del movimento social Stop Rashford: un nero della classe operaia che sfida l’establishment per ribaltarlo. Una minaccia, oppure solo un modo alternativo di fare gol.