Corriere della Sera

Le tappe in Italia di Brahim prima del terrore a Nizza

L’attentator­e della cattedrale di Nizza Jeans e giubbotto rosso: dalla Sicilia alla Francia. L’itinerario ricostruit­o grazie alle telecamere di sorveglian­za

- di Giovanni Bianconi e Guido Olimpio

Nei fotogrammi il passaggio in Italia di Brahim Aoussaoui, il 21enne terrorista di Nizza. Il 27 ottobre è stato inquadrato a Roma Tiburtina alle 6.15 in arrivo con un pullman provenient­e da Palermo. Alle 9.57 era alla stazione Termini, diretto a Genova, dove è arrivato nel pomeriggio. Due giorni dopo ha accoltella­to tre persone nella cattedrale.

Un cappellino bicolore calato sulla fronte a coprire mezzo volto insieme alla mascherina, jeans alla moda e giubbotto rosso, uno zainetto in spalla di piccole dimensioni. La missione di morte di Brahim Aoussaoui è cominciata con l’abbigliame­nto classico da ventenne e un modeore sto bagaglio, a bordo dell’Intercity 510 in partenza per Genova alle 9,57 di martedì 27 ottobre dalla stazione Termini. Meno di quarantott’ore più tardi, la mattina del 29 ottobre, ucciderà tre persone nella cattedrale Notre-Dame di Nizza, prima di essere ferito e arrestato dalle forze di sicurezza francesi.

Il fotogramma dell’assassino che sale sul treno è stato estratto dagli investigat­ori della Digos di Roma tra ore e di immagini riprese dalle telecamere piazzate lungo i binari, e fornisce la prova che l’attentator­e tunisino è passato dalla capitale, risalendo la penisola dalla Sicilia fino al confine con la Francia. Altre immagini lo ritraggono davanti alle biglietter­ie, solo; altre ancora allo scalo di Roma Tiburtina, dov’è arrivato alle 6,15 con un pullman delle autolinee Sais provenient­e da Palermo via Catania. In quei fotogrammi Aoussaoui compare in mezzo ad altre persone, e i poliziotti dell’Antiterror­ismo sono al lavoro per verificare se qualcuno di loro lo conoscesse o fosse in sua compagnia. Il giovane è stato ripreso anche dalle telecamere che inquadrano i tornelli della metropolit­ana che da Tiburtina porta a Termini, e con lui non c’è nessuno. Tra riprese e testimonia­nze, gli agenti della Digos hanno accertato che fra una stazione e l’altra il tunisino è entrato in un bar dove ha mangiato un panino.

Sono tutti indizi a supporto dell’ipotesi che l’attacco islamista contro i fedeli raccolti nella cattedrale francese sia stato ideato e portato a termine dal solo Brahim Aoussaoui. Partito il 18 settembre dal porto tunisino di Sfax su un barchino che portava altre dieci persone tra cui l’uomo che lo guidava, Ahmed Ben Amor, arrestato a pochi chilometri da Nizza all’indomani dell’attentato. Gli inquirenti francesi pensavano fosse un complice dell’assassino, ma poi l’hanno scagionato e rilasciato, come tutti gli altri nordafrica­ni fermati dopo la strage. Ben Amor ha raccontato di avere conosciuto Aoussaoui a Sfax il giorno stesso dell’imbarco, quando si presentò proponendo di pagare il passaggio verso l’Italia con il carburante necessario per la traversata, che aveva con sé in alcune taniche. Prima di lasciare il suo Paese, infatti, trafficava in carburanti.

Gli agenti della Digos di Roma hanno esaminato ore e ore di immagini

Ben Amor ha accettato il baratto e l’attentator­e è salito a bordo. Durante il viaggio è rimasto sempre in disparte, senza parlare con nessuno e cercando di evitare di essere ripreso nelle foto che gli altri migranti scattavano con i telefonini. Due di loro, rintraccia­ti dalla polizia italiana in un Centro per i rimpatri, hanno fornito questa testimonia­nza che coincide con quella resa da Ben Amor ai francesi.

Approdati a Lampedusa il 20 settembre, i clandestin­i sono stati portati nell’hotspot dell’isola, per essere poi trasferiti a Porto Empedocle e da lì sulla nave Rhapsody, dove hanno trascorso la quarantena anti-Covid fino allo sbarco a Bari del 9 ottobre, in tasca l’ordine di allontanar­si dal territorio italiano. Ma Aoussaoui, com’è noto, è tornato in Sicilia, ad Alcamo, per chiedere aiuto al figlio di un’amica di sua madre. Quest’ultimo (altro irregolare espulso rimasto

Finora le indagini non hanno svelato complicità, si aspettano le analisi dei tabulati dei cellulari

sull’isola) ha raccontato che l’attentator­e ha lavorato per qualche giorno alla raccolta delle olive, e di averlo sostenuto dandogli venti euro o poco più fino alla sua partenza in pullman, il 26 ottobre.

Resta da capire come da Genova, dov’è arrivato poco prima delle 16 del 27, Aoussaoui abbia raggiunto Ventimigli­a e poi la Francia. Con ogni probabilit­à ha preso un altro treno fino al confine, e gli investigat­ori stanno ancora setacciand­o le immagini delle telecamere delle stazioni liguri. I giornali francesi riferiscon­o che sarebbe stato «avvistato» alla stazione di Nizza, sempre dalle telecamere, alle 20.31 del 27 ottobre. E resta da capire, soprattutt­o, se anche in Francia è rimasto da solo fino all’attacco; se ha maturato da sé l’intenzione e la scelta dell’obiettivo, oppure con l’aiuto di altri, in Tunisia o Oltralpe. Finora le indagini coordinate in Italia da ben quattro Procure

— Bari, Palermo, Roma e Bologna, zona dove si trova un connaziona­le che potrebbe aver avuto contatti con Aoussaoui attraverso un social network — non hanno svelato complicità. Ma devono ancora arrivare i risultati delle analisi sui tabulati dei due cellulari che l’assassino, tuttora piantonato all’ospedale militare Begin, vicino Parigi, aveva con sé al momento del ferimento e dell’arresto, mentre gridava «Allah akhbar!». Per ora è emerso che su un telefonino aveva la foto del ceceno responsabi­le della decapitazi­one del professor Samuel Paty, trucidato per le vignette. Tuttavia non vi sarebbero tracce di contatti diretti. La polizia transalpin­a ha poi stabilito che il 28 ottobre, alla vigilia dell’assalto, Brahim Aoussaoui è passato alcune volte davanti alla basilica, tra le 10.53 e le 11.04; inoltre si è recato in un ufficio per cercare, in modo confuso, un alloggio popolare. Richiesta strana per uno che si preparava a compiere un attentato l’indomani.

Dalla Tunisia, infine, sono emerse indiscrezi­oni sul possibile ruolo di un personaggi­o, chiamato «l’emiro» o «il rosso», socio di Aoussaoui nei traffici di carburante. Secondo testimonia­nze raccolte a Sfax potrebbe essere stato lui a spingerlo sulla via della radicalizz­azione. Ma i controlli dei tunisini non avrebbero trovato riscontri. E così si ritorna alla casella di partenza, l’assassino che sale sul treno: i magistrati aspettano che le sue condizioni permettano di interrogar­lo.

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Un fotogramma del terrorista Brahim Aoussaoui, 21 anni, alla stazione Termini di Roma il 27 ottobre, due giorni prima dell’attentato compiuto a Nizza
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1 Il 27 ottobre, Brahim Aoussaoui è alla stazione Termini e sale sull’Intercity in partenza alle 9,57 per Genova
2 Brahim poco prima si trovava alla stazione Tiburtina: da qui si è poi recato in metro a Termini
3 Era arrivato a Tiburtina alle 6,15 con un pullman da Catania 1
A Roma 1 Il 27 ottobre, Brahim Aoussaoui è alla stazione Termini e sale sull’Intercity in partenza alle 9,57 per Genova 2 Brahim poco prima si trovava alla stazione Tiburtina: da qui si è poi recato in metro a Termini 3 Era arrivato a Tiburtina alle 6,15 con un pullman da Catania 1
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