Rapina a casa Sodano L’ex dirigente Rai ostaggio di sei banditi
L’assalto in villa fuori Roma, paura anche per la moglie La 18enne vittima di Genovese: quella notte ho visto la morte
Si sono nascosti nelle campagne che costeggiano l’antica via Francigena, fra Sutri e Nepi. Forse proprio fra gli oliveti di proprietà della famiglia di Giampaolo Sodano, già parlamentare socialista, poi direttore di Rai 2 a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, successivamente fra gli altri incarichi ai vertici di Mediaset e della casa di produzione cinematografica Eagles Pictures. In sei, armati e incappucciati, con le pettorine con la scritta «Carabinieri», hanno atteso che il giornalista, 78 anni, apprezzato mastro oleario — il suo Tuscus è un prodotto molto famoso — e ora anche direttore del sito di informazione «Moondo» rientrasse a casa in auto nella tenuta agricola «L’Olivaia» insieme con la moglie Fabrizia Cusani, architetto e docente di Urbanistica alla Sapienza, per aggredire entrambi e costringerli a farli entrare nella villa immersa nel verde nella zona del monte Topino.
Così, nella prima serata di giovedì scorso (ma solo ieri la notizia è diventata di dominio pubblico), è iniziato l’incubo per marito e moglie, rimasti in ostaggio per meno di mezz’ora di una banda mista, composta da italiani e stranieri, forse dell’Est Europa. Rapinatori che potrebbero aver agito con la complicità di qualche basista. Un lavoro che tuttavia non sembra da professionisti, sebbene appare probabile che il commando abbia potuto beneficiare di una o più imbeccate: le indagini sono in corso, ma sembra che non potranno fare affidamento sulle immagini della videosorveglianza, disattivata dai banditi. Qualcosa però nel loro piano non ha funzionato: marito e moglie sono stati privati dei telefonini e separati. Legati e chiusi in due stanze. A quel punto i rapinatori avrebbero rovistato dappertutto impossessandosi di oggetti di valore, sembra gioielli e argenteria. Avrebbero anche continuato, ma ci hanno dovuto rinunciare: due domestici, una coppia da anni con la famiglia Sodano, si sono accorti di quello che stava accadendo e sono riusciti a fuggire. Poco dopo hanno dato l’allarme avvertendo i carabinieri che si sono precipitati nella tenuta.
Fallita la rapina — almeno in parte — e con i militari dell’Arma che sarebbero arrivati da un momento all’altro, i sei hanno deciso di allontanarsi. Prima con l’auto dei padroni di casa — un’utilitaria —, usata per raggiungere il cancello della proprietà, poi forse su quella di un complice che li aspettava. La vettura di Sodano
e della moglie è stata infatti ritrovata subito dalla pattuglia dei carabinieri arrivata per prima. Gli investigatori della compagnia di Civita Castellana e del reparto operativo di Viterbo, che hanno liberato gli ostaggi, molto provati da quello che avevano subìto, hanno effettuato un minuzioso sopralluogo nella villa alla ricerca di tracce che potrebbero essere state lasciate dai rapinatori. Si indaga soprattutto su episodi analoghi avvenuti nella zona. Proprio poche settimane fa c’è stato infatti un altro assalto in abitazione dalle parti di Nepi. E anche alle porte di Roma da settembre non sono mancate rapine a domicilio, quasi sempre all’ora di cena, proprio come è successo a monte Topino, compresa quella alla Casa generalizia dei Carmelitani Scalzi la settimana scorsa a due passi da via Veneto, sventata proprio da alcuni religiosi contro i quali i banditi hanno spruzzato spray urticante per assicurarsi la fuga.
«Io non ho mai fatto male a nessuno, non riesco a capire perché non è stato dato nessun valore alla mia vita, ho visto la morte in faccia e non riesco a spiegarmi il perché di questa crudeltà». Sono le parole — riferite dal suo avvocato, Saverio Macrì — della ragazza violentata da Alberto Genovese, l’imprenditore digitale che ha trasformato le feste nella sua Terrazza Sentimento in un orrore bestiale. L’avvocato è intervenuto ieri sera a Non è l’Arena, su La7: «Più volte le sue amiche hanno cercato di salvarla, alla fine
I due domestici della famiglia sono riusciti a fuggire e hanno chiamato i carabinieri
la ragazza è riuscita a scappare da sola verso le 21.30 del giorno dopo. È stata un giorno intero in quella camera. Quando è fuggita Genovese le ha buttato 100 euro dalla finestra in segno di spregio», ha raccontato ancora l’avvocato a Giletti. Nel lungo spazio dedicato a questa vicenda era ospite in collegamento da Bali anche Daniele Leali, l’amico di Genovese che si occupava di stilare le liste per le feste. Leali ha assicurato di non essere fuggito: «Sono 5 anni che vengo in Indonesia a novembre per lavoro, ho delle attività qui e un locale nelle Filippine». Leali si è scagionato («non è assolutamente vero che io portassi in giro piatti con la cocaina, ricordo però che c’era chi consumava stupefacenti»), ha spiegato che fino a giugno «i cellulari non venivano ritirati, poi ad Alberto è piaciuta la cosa perché serviva a socializzare». E si è detto stupito del comportamento dell’amico: «Non me lo aspettavo, ho sempre visto andare donne con Alberto per il piacere di andarci. Il buttafuori invece è stato preso solo nelle ultime due o tre feste perché capitava che la gente circolasse per casa e finisse nella sua camera da letto». Giletti ha anche raccolto la testimonianza del bodyguard: «Mi aveva detto di controllare l’ingresso di una stanza dove c’erano oggetti di valore, sono andato via all’1.30 di notte ma non ho sentito nulla, la musica era altissima».