Il pensiero nelle parole di un letterato Platone aveva un doppio talento
L’allievo di Socrate autore completo tra i grandi dell’antichità classica Nei «Dialoghi» la forza drammaturgica è al servizio di idee originali
La filosofia quale costante allenamento spirituale e terapeutico, vivida reminiscenza di ciò che si è conosciuto nella precedente vita. Così la tecnica dell’anamnesi si trasforma da esercizio di morte in disciplina d’immortalità. Occorre purificare, concentrare e separare l’anima che, liberandosi del corpo e bevendo al fiume dell’oblio, cancella ogni evento del passato per innamorarsi totalmente del divenire. Una commistione di mito, raziocinio e scoperta dell’inconscio, ove ognuno è artefice del proprio destino, non tanto per le scelte compiute durante l’esistenza, ma per quell’unica che viene effettuata prima di reincarnarsi.
È uno dei numerosi temi affrontati dal volume dedicato a Platone, in edicola domani con il «Corriere della Sera». Una selezione ragionata degli scritti del celebre pensatore ateniese con il commento di Roberto Radice, ordinario di Storia della filosofia antica all’Università Cattolica di Milano. Si tratta della prima opera della collana «Filosofica», a cura dello stesso Radice, che comprende 45 volumi.
Il fascino di Platone, al di là dello speculatore metafisico, sta nella dignità e purezza della sua scrittura. Insigne artista della parola, esprime le proprie meditazioni attraverso un’invidiabile, limpida trasparenza di linguaggio e linearità ritmica di stile. Mai ermetico o indecifrabile, sia quando accenna a un luogo di mera fantasia o s’impegna in una dimostrazione teoretica, sia nelle descrizioni empiriche oppure nell’abbozzo di un paesaggio reale.
Platone è da considerarsi probabilmente l’autore più completo della letteratura antica occidentale soprattutto per l’innata capacità drammaturgica nel delineare i diversi personaggi, che si contrappongono dialetticamente e con passione discutono come fossero tangibili persone. La forma dialogica permette di procedere, custodendo il fervore della contesa, verso la formazione di un pensiero in perenne divenire, costruito su differenti tesi. Discussioni che spesso si concludono senza una vera soluzione.
Il fondatore della scuola dell’Accademia si trova in un ruolo particolare, lo sottolinea Roberto Radice: non solo testimonia il proprio pensiero,
Polemica
Ad Aristofane viene attribuita una notevole responsabilità per la condanna di Socrate
ma pure quello di Socrate, che non scrisse mai nulla e di cui Platone fu fedele allievo. Per fortunata anomalia rispetto ad altri autori greci, di Platone la tradizione ha fatto pervenire tutte le opere: 36, di cui un monologo — quello della famosa Apologia, la ricostruzione della difesa che Socrate formulò dinanzi ai giudici prima della condanna —, un gruppo di tredici lettere, mentre il resto è costituito da dialoghi composti durante tutto l’arco esistenziale.
Duplice binario di lettura, che necessita la presenza di un esperto interprete a indicare quei dialoghi, a lungo denominati «giovanili o socratici», dove è chiaro l’influsso del maestro nel ruolo principale. Testi che ne spiegano lucidamente il metodo. Quale abile ostetrica, Socrate, figlio della levatrice Fenarete, si presenta come stimolatore di idee, utilizza la maieutica non per inculcarle ai discepoli, bensì per accoglierle al loro primo vagito, permettendo che vengano partorite autonomamente in quanto insite nell’inconscio di ognuno per natura. Tocca al maestro far venire a galla la coscienza di sé, quando ancora l’adepto giace in uno stadio d’inconsapevolezza.
Platone attribuisce al comico Aristofane una fortissima responsabilità per la condanna a morte di Socrate nel 399 a.C. È vero, nelle Nuvole, commedia rappresentata nel 423, Socrate viene trasformato in una maschera ridicola, che si adira nel caso qualcuno gli faccia abortire delle idee, un ateo che rigetta la religione olimpica. Aristofane documenta semplicemente l’opinione dell’uomo della strada e il pubblico ride del «supremo corruttore dei ragazzi». Nessuna colpa diretta, dunque, del comico per la condanna decisa contro Socrate ben più di vent’anni dopo l’allestimento teatrale.
Platone è inoltre un comunicatore insuperabile nella costruzione di miti da utilizzare, lo evidenzia esplicitamente Roberto Radice. Giunge a demolire la mitologia di Omero ed Esiodo, immorale per la fede verso l’irrazionale, che disabitua all’uso della ragione. Così decide di creare o di rinnovare più di una ventina di miti metaforici, narrazioni che ben si adattano alla spiegazione del suo pensiero.
Nella sezione dei testi antologizzati Roberto Radice riporta tre miti: quelli della biga alata, di Er e della caverna. Se i primi due, nel discorso sull’aldilà, affrontano la reminiscenza, la metempsicosi, l’innatismo delle idee e la sopravvivenza dell’anima, il terzo conduce invece dal buio dell’ignoranza e dei vizi, che incatenano gli esseri umani, verso l’accecante mondo ideale alla luce del Bene.
Per il greco Platone, in sintesi, spetta soltanto ai filosofi, gli unici capaci di creare un governo non tirannico, il compito di educare gli altri cittadini.