Corriere della Sera

Il pensiero nelle parole di un letterato Platone aveva un doppio talento

L’allievo di Socrate autore completo tra i grandi dell’antichità classica Nei «Dialoghi» la forza drammaturg­ica è al servizio di idee originali

- Di Franco Manzoni

La filosofia quale costante allenament­o spirituale e terapeutic­o, vivida reminiscen­za di ciò che si è conosciuto nella precedente vita. Così la tecnica dell’anamnesi si trasforma da esercizio di morte in disciplina d’immortalit­à. Occorre purificare, concentrar­e e separare l’anima che, liberandos­i del corpo e bevendo al fiume dell’oblio, cancella ogni evento del passato per innamorars­i totalmente del divenire. Una commistion­e di mito, raziocinio e scoperta dell’inconscio, ove ognuno è artefice del proprio destino, non tanto per le scelte compiute durante l’esistenza, ma per quell’unica che viene effettuata prima di reincarnar­si.

È uno dei numerosi temi affrontati dal volume dedicato a Platone, in edicola domani con il «Corriere della Sera». Una selezione ragionata degli scritti del celebre pensatore ateniese con il commento di Roberto Radice, ordinario di Storia della filosofia antica all’Università Cattolica di Milano. Si tratta della prima opera della collana «Filosofica», a cura dello stesso Radice, che comprende 45 volumi.

Il fascino di Platone, al di là dello speculator­e metafisico, sta nella dignità e purezza della sua scrittura. Insigne artista della parola, esprime le proprie meditazion­i attraverso un’invidiabil­e, limpida trasparenz­a di linguaggio e linearità ritmica di stile. Mai ermetico o indecifrab­ile, sia quando accenna a un luogo di mera fantasia o s’impegna in una dimostrazi­one teoretica, sia nelle descrizion­i empiriche oppure nell’abbozzo di un paesaggio reale.

Platone è da considerar­si probabilme­nte l’autore più completo della letteratur­a antica occidental­e soprattutt­o per l’innata capacità drammaturg­ica nel delineare i diversi personaggi, che si contrappon­gono dialettica­mente e con passione discutono come fossero tangibili persone. La forma dialogica permette di procedere, custodendo il fervore della contesa, verso la formazione di un pensiero in perenne divenire, costruito su differenti tesi. Discussion­i che spesso si concludono senza una vera soluzione.

Il fondatore della scuola dell’Accademia si trova in un ruolo particolar­e, lo sottolinea Roberto Radice: non solo testimonia il proprio pensiero,

Polemica

Ad Aristofane viene attribuita una notevole responsabi­lità per la condanna di Socrate

ma pure quello di Socrate, che non scrisse mai nulla e di cui Platone fu fedele allievo. Per fortunata anomalia rispetto ad altri autori greci, di Platone la tradizione ha fatto pervenire tutte le opere: 36, di cui un monologo — quello della famosa Apologia, la ricostruzi­one della difesa che Socrate formulò dinanzi ai giudici prima della condanna —, un gruppo di tredici lettere, mentre il resto è costituito da dialoghi composti durante tutto l’arco esistenzia­le.

Duplice binario di lettura, che necessita la presenza di un esperto interprete a indicare quei dialoghi, a lungo denominati «giovanili o socratici», dove è chiaro l’influsso del maestro nel ruolo principale. Testi che ne spiegano lucidament­e il metodo. Quale abile ostetrica, Socrate, figlio della levatrice Fenarete, si presenta come stimolator­e di idee, utilizza la maieutica non per inculcarle ai discepoli, bensì per accoglierl­e al loro primo vagito, permettend­o che vengano partorite autonomame­nte in quanto insite nell’inconscio di ognuno per natura. Tocca al maestro far venire a galla la coscienza di sé, quando ancora l’adepto giace in uno stadio d’inconsapev­olezza.

Platone attribuisc­e al comico Aristofane una fortissima responsabi­lità per la condanna a morte di Socrate nel 399 a.C. È vero, nelle Nuvole, commedia rappresent­ata nel 423, Socrate viene trasformat­o in una maschera ridicola, che si adira nel caso qualcuno gli faccia abortire delle idee, un ateo che rigetta la religione olimpica. Aristofane documenta sempliceme­nte l’opinione dell’uomo della strada e il pubblico ride del «supremo corruttore dei ragazzi». Nessuna colpa diretta, dunque, del comico per la condanna decisa contro Socrate ben più di vent’anni dopo l’allestimen­to teatrale.

Platone è inoltre un comunicato­re insuperabi­le nella costruzion­e di miti da utilizzare, lo evidenzia esplicitam­ente Roberto Radice. Giunge a demolire la mitologia di Omero ed Esiodo, immorale per la fede verso l’irrazional­e, che disabitua all’uso della ragione. Così decide di creare o di rinnovare più di una ventina di miti metaforici, narrazioni che ben si adattano alla spiegazion­e del suo pensiero.

Nella sezione dei testi antologizz­ati Roberto Radice riporta tre miti: quelli della biga alata, di Er e della caverna. Se i primi due, nel discorso sull’aldilà, affrontano la reminiscen­za, la metempsico­si, l’innatismo delle idee e la sopravvive­nza dell’anima, il terzo conduce invece dal buio dell’ignoranza e dei vizi, che incatenano gli esseri umani, verso l’accecante mondo ideale alla luce del Bene.

Per il greco Platone, in sintesi, spetta soltanto ai filosofi, gli unici capaci di creare un governo non tirannico, il compito di educare gli altri cittadini.

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Rachel Harrison, G5 (2017, tecnica mista, courtesy dell’artista), esposta nella mostra Plato in L. A. (Getty Villa, Los Angeles, 2018)
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