Corriere della Sera

Il numero di una strage

- di Sergio Harari

Quei morti ci ricordano gli errori fatti.

Èuna città intera come Chieti, o Mazara del Vallo o Rovigo, che il virus si è portato via in questo anno così terribile da sembrare a tratti irreale. Cinquantam­ila non è solo il numero simbolo di una strage che ci ha colpiti a tradimento e della quale non riusciamo ancora a capacitarc­i, è qualcosa che facciamo fatica ad accettare fino in fondo. Perché i numeri dei milioni di contagiati e di morti nel mondo sono così grandi che sembra difficile credere che tutto questo stia davvero accadendo. Allora la memoria ci riporta a quelle immagini dei carri militari a Bergamo con il loro carico di bare, ai notiziari serali, ai bollettini quotidiani e l’incubo diventa realtà mentre notiamo la mascherina appoggiata in un angolo pronta a essere indossata e pensiamo al Natale senza feste che ci attende. Ora i dati danno i primi segnali positivi dalla partenza della seconda ondata, i morti sono ancora tantissimi ma la pressione epidemiolo­gica comincia a calare, iniziamo a respirare un po’ di speranza mentre le buone notizie sui vaccini ci rincuorano. Ma sappiamo che la prudenza deve essere massima, il rischio per i prossimi mesi è un andamento a elastico: si adottano misure restrittiv­e e dopo qualche settimana i dati migliorano, le si allentano e dopo poco ricomincia il peggiorame­nto. Non possiamo continuare così fino all’estate, quando speriamo il virus smorzerà il suo attacco. Gli ospedali e l’economia sono allo stremo, così come tutto il Paese. Dobbiamo avere una strategia ben precisa perché ormai abbiamo capito che l’unica barriera di difesa è rappresent­ata dalle misure di contenimen­to. Alcuni propongono lockdown a periodi prefissati, altri modulazion­i più settoriali (per categorie, per province, ecc) ma qualsiasi sarà la scelta questa andrà adottata per tempo. Non può esistere mediazione con il virus, appena abbasserem­o la guardia ripartirà. Non possiamo chiudere tutto per sempre ma neanche ripetere gli errori dell’estate, ce lo ricordano 50 mila nostri concittadi­ni che non ci sono più. A un cenone o a una sciata per una volta si può ben rinunciare.

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