Dai test alla copertura Che cosa sappiamo (e cosa ancora no) sui tre sieri «in lizza»
1 AstraZeneca, Pfizer e Moderna si contendono il taglio del traguardo: quali differenze ci sono fra i tre vaccini?
Mentre quelli prodotti da Pfizer e Moderna sono basati su mRna (Rna messaggero), il vaccino messo a punto dall’Università di Oxford, AstraZeneca e l’italiana Irbm, è costruito su vettore virale. Si tratta di un adenovirus di scimpanzè che non è in grado di replicarsi nell’uomo e dentro il quale viene inserito un pezzo di Rna che codifica la proteina spike (utilizzata da Sars-CoV-2 per agganciare le nostre cellule). L’adenovirus induce la produzione della proteina e promuove così la risposta del sistema immunitario. Sia la tecnica dell’mRna sia quella che sfrutta adenovirus sono estremamente innovative: tutti i vaccini che oggi conosciamo e utilizziamo sono basati su procedure completamente diverse.
2 Nei dati intermedi di fase 3, il vaccino di AstraZeneca ha mostrato un’efficacia media del 70 per cento: che cosa significa?
La sperimentazione ha riguardato finora 23 mila persone in cui si sono verificati 131 casi di Covid, 101 dei quali tra coloro che hanno ricevuto il placebo e 30 tra i volontari vaccinati. L’efficacia viene calcolata sulla base della differenza percentuale tra i casi di malattia nell’uno e nell’altro gruppo. Mentre Pfizer (che ha terminato la fase 3) e Moderna hanno annunciato un’efficacia intorno al 95 per cento, AstraZeneca ha fornito due dati diversi: 62 per cento nei volontari cui sono state iniettate due dosi intere, a 4 settimane di distanza una dall’altra; 90 per cento in coloro che hanno avuto una dose dimezzata e poi, a distanza di 28 giorni, una dose piena. La protezione è stata valutata a due settimane dal richiamo.
3 Com’è possibile che una minor quantità di vaccino protegga di più?
Una spiegazione potrebbe riguardare la complessità delrivista la nostra risposta immunitaria. Se il dosaggio di un vaccino non è ben calibrato, il sistema di difesa si attiva da un lato aggredendo l’intruso e dall’altro bloccando la stessa reazione che ci dovrebbe proteggere. Probabilmente, durante i test, gli esperti hanno «aggiustato» la dose per verificare se questo aumentasse l’efficacia. In ogni caso, per conoscere i dettagli dello studio, bisognerà attenderne la pubblicazione su una scientifica.
4 Possiamo stare tranquilli per quanto riguarda la sicurezza del vaccino?
Per la messa a punto di un’arma anti-Covid non si è badato a spese: gli enormi investimenti hanno permesso di svolgere i test velocemente su decine di migliaia di persone. Nessuno dei tre vaccini arrivati quasi al traguardo (AstraZeneca, Pfizer, Moderna) ha provocato nei volontari effetti avversi di rilievo. L’unico dubbio, per quanto riguarda il vaccino di AstraZeneca, potrebbe riguardare i pazienti pesantemente immunodepressi (come alcuni malati di tumore trattati con particolari farmaci), perché l’adenovirus è un virus integro anche se incapace di replicarsi nell’uomo. I vaccini a Rna messaggero, invece, non contengono alcuna particella virale.
5 Quali sono le informazioni che ancora ci mancano?
Di nessun vaccino conosciamo la durata della protezione, dato che i test sono in corso da pochi mesi. L’auspicio è che l’effetto possa durare almeno un anno. Un altro punto da chiarire è relativo agli anziani, che sono i pazienti Covid più a rischio di morte e complicanze: secondo i dati preliminari della fase 3, il vaccino di AstraZeneca avrebbe indotto una buona risposta immunitaria anche nelle fasce di età avanzate. C’è poi un terzo interrogativo: chi si vaccina è protetto dall’infezione o solo dalla malattia? In altre parole, è possibile che, nonostante l’immunizzazione, una persona possa avere colonie locali di Sars-CoV-2 (per esempio nel naso) che non danno sintomi ma che possono contagiare altri? Significherebbe che il vaccino non è utile per arrivare all’immunità di gregge. Anche in quest’ultimo caso però è ragionevole proteggere i soggetti più a rischio, partendo dal personale sanitario e altri lavoratori a contatto con il pubblico, gli anziani e tutti gli adulti. In questo modo la circolazione del virus verrebbe rallentata in misura massiccia.
(Ha collaborato Giuseppe No centini, i mm uno farmacologo dell’Università di Perugia, membro della Società Italiana di Farmacologia)