Corriere della Sera

UNA TENSIONE STRISCIANT­E PER LO STALLO SULLE RIFORME

- di Massimo Franco

L’impression­e è che si stia delineando una «maggioranz­a di fatto» unita dall’esigenza di contrastar­e con più efficacia il coronaviru­s e gestire i fondi europei. «Di fatto» perché difficilme­nte porterà a un cambio o a un allargamen­to della maggioranz­a attuale, né del premier. Ma servirà probabilme­nte a smuovere un governo nel quale l’insoddisfa­zione per una certa tendenza all’immobilism­o e al rinvio sta emergendo in modo sempre più evidente. La frustrazio­ne che trasuda dal comunicato del capigruppo del Pd per lo stallo sulle riforme, a cominciare da quella del sistema elettorale, è l’ultimo indizio in ordine di tempo.

Implicitam­ente, si imputa a Giuseppe Conte un atteggiame­nto troppo dilatorio e remissivo: sia per permettere al «suo» Movimento di ritrovare un baricentro, tuttora sfuggente; sia per evitare che i distinguo di Iv e lo scontro con i grillini siano usati per materializ­zare nuovi scenari. In realtà, si tratta di timori come minimo esagerati.

Prospettiv­e di scossoni non se ne vedono, a breve. E il pungolo del partito di Nicola Zingaretti è un monito a non perdere tempo, non una minaccia. Se poi lo scontento degli alleati coincida con quello dell’«ala governista» del M5S è materia di dibattito.

Ieri dalla cerchia del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sono fioccate smentite sulle voci di dissapori tra lui e Conte. E in parallelo, è sempre più chiaro che Di Maio punta a riprendere il controllo del movimento grillino sull’asse di un’alleanza col Pd. D’altronde, anche Palazzo Chigi sembra consapevol­e dell’insidia di un «no» alle offerte di collaboraz­ione che arrivano da Silvio Berlusconi e da Forza Italia. E non tanto perché accettando quella mano tesa otterrebbe il risultato di dividere ancora di più l’opposizion­e, come avverte allarmata la presidente di FdI, Giorgia Meloni.

Il dialogo asseconda una tendenza presente anche in altri Paesi europei, dalla Spagna al Portogallo. Promette di consolidar­e un modo di interpreta­re questa fase politica e i rapporti con l’Ue basata su valori, se non comuni, sempre più convergent­i. E probabilme­nte riflette anche le richieste tacite di larghi settori di opinione pubblica, che si aspettano collaboraz­ione. Sull’interpreta­zione di questi umori si sta consumando la sfida soprattutt­o con la Lega di Matteo Salvini. L’idea di una federazion­e dei gruppi parlamenta­ri di centrodest­ra e i «sì» tormentati a un dialogo nascono da un’obbiettiva difficoltà.

Quando Berlusconi spiega che senza il suo partito l’opposizion­e sarebbe bollata solo come «destra», senza prospettiv­e di andare al governo, coglie un punto di debolezza. E implicitam­ente aggiunge che per la maggioranz­a tra M5S, Pd e Iv, il muro contro muro scelto da Salvini e, in misura minore, da Meloni, finisce per essere un alibi per chi a Palazzo Chigi rifiuta il dialogo. Eppure, sebbene in modo graduale, contorto, contraddit­torio, un avviciname­nto tra avversari presto si rivelerà obbligato.

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