Corriere della Sera

LA TASSA SUL GENERE «FERMIAMO LA TAMPON TAX» RACCOLTE OLTRE 400 MILA FIRME

Domani la Giornata contro la violenza sulle donne. WeWorld capofila nella lotta al balzello sugli assorbenti

- di Luisa Pronzato

Non ci sono i soldi. Non c’è copertura. Con questa «ragione» il Parlamento lo scorso anno ha bocciato la richiesta di abbassare l’Iva dal 22 al 5% su assorbenti, tamponi e prodotti per l’igiene mestruale. Salvo poi mostrarsi bonario con un contentino al sapore di ambientali­smo che ha concesso il 5% sui prodotti biodegrada­bili e compostabi­li.

Un mercato che vale lo 0,4% del totale. Poche donne li usano e, parlando dei compostabi­li, non tutti i Comuni hanno gli impianti di trasformaz­ione. E quindi finiscono nei cassonetti. Oltre 15 milioni di donne in età fertile continuano a pagare la tampon tax, l’imposta sul valore aggiunto (l’Iva), come se i prodotti mestruali non fossero un bene di prima necessità.

Le mestruazio­ni arrivano naturalmen­te ogni mese. Una donna durante il periodo fertile, che dura in media 450 cicli, consuma tra i 10 mila e i 14 mila assorbenti. Con un conto spannometr­ico fa quasi 5 mila euro. Spesi per una necessità naturale. E questa è la «ragione» per cui di tampon tax si continua a parlare come di intervento di giustizia sociale anche in periodo di emergenza sanitaria ed economica. E ad agire. Fermiamo la tampon tax è la richiesta che WeWorld porta in Parlamento contro la violenza di genere e in nome della difesa dei diritti con oltre 400 mila firme (raccolte con Onde Rosa) e il sostegno di alcune parlamenta­ri (Boldrini, Fedeli, Valente, Quartapell­e, Sileri).

«È una tassa ingiusta perché è una sperequazi­one a carico delle donne», dice Elena Caneva, coordinatr­ice del centro studi dell’Organizzaz­ione impegnata nel mondo e in Italia sui diritti delle donne e dei bambini. «Chiedere un passo concreto al Parlamento perché venga ridimensio­nata ha diverse ragioni, oggi più che mai. Le nuove povertà sono le madri single con due figli, lo dice il rapporto Caritas, e lo confermano le donne che frequentan­o i nostri centri. L’importo sproposita­to su un bene irrinuncia­bile è una violenza economica, abbassarlo è un intervento fiscale importante in un percorso di politiche per le pari opportunit­à. In tutti questi sensi è un intervento di giustizia sociale».

Una delle ragioni è l’impatto della crisi i cui effetti sul mercato del lavoro contano, tra il secondo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020, 470 mila occupate in meno, per un calo del 4,7%. Su 100 posti di lavoro persi (in tutto 841 mila), quelli femminili rappresent­ano il 55,9%, a differenza dell’occupazion­e maschile, che ha dato prova di maggior tenuta registrand­o un decremento del 2,7% (371 mila occupati).

Le ragioni le analizza WeWorld in una ricerca condotta con Ipsos. Nell’emergenza le figure più esposte sono le donne, chiamate a riorganizz­are i ritmi della quotidiani­tà dividendos­i tra lavoro, cura della casa, gestione delle attività scolastich­e e dei momenti di gioco dei figli e spesso assistenza ai familiari più anziani. Da Nord a Sud, le donne da sole hanno gestito il carico familiare (intorno al 60%, contro il 21% degli uomini). Tra loro, le più in sofferenza sono quelle tra i 31 e 50 anni: il 71% dichiara di fare tutto da sola. Consideran­do solo la cura dei bambini, l’85% delle donne tra i 18 e i 30 anni, si prende cura dei propri figli senza alcun aiuto. Al Sud, solo il 7 % di donne fa gestire ad altri figli, anziani o disabili.

Ancora conti: quello dei prodotti per l’igiene mestruale, dai tamponi ai salvaslip, è un mercato stabile che in Italia vale 515 milioni di euro ogni anno. Un’entrata certa anche in tassazione per le casse dello Stato. Una delle ragioni che hanno sostenuto il no del Parlamento lo scorso anno è stata la ragioneria di Stato

che ha valutato 300 milioni di perdita se l’emendament­o fosse stato approvato.

I conti li ha rifatti WeWorld. «Quella mancanza di gettito è sovrastima­ta», dice Caneva. «E su questo stiamo presentand­o un’interrogaz­ione parlamenta­re per chiedere conto di come sono state valutate le perdite per ricoprire la riduzione. I conti li abbiamo rifatti partendo dal dato Nielsen: su 515 milioni di euro, scorporand­o l’Iva, l’intervento di riduzione dell’aliquota dal 22% al 5% fa una differenza di 72 milioni. Cifra sostenibil­e che nella messa a punto della legge di Bilancio ha possibilit­à di manovra. E che ci permette di dire: La tampon tax va ridotta. Ora».

«Le nuove povertà? Le madri single con due figli. Sulle donne pesa il carico peggiore»

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy