Corriere della Sera

L’effetto Covid, la Cina: la crisi del Mediterran­eo

LA REGIONE, CON UNA POPOLAZION­E SIMILE ALLA UE, HA «REGISTRATO» UN QUINTO DEI SUOI DECESSI MA L’IMPATTO GEOPOLITIC­O SARÀ DURATURO: LA CINA È PENETRATA OVUNQUE

- di P. Magri, Ricci Sargentini e Serafini

Effetto Covid nell’area del Mediterran­eo. La Cina è penetrata ovunque.

Una regione fragile e complessa. E una pandemia che, se non ne ha mutato tutti gli equilibri, ne ha sicurament­e accelerato il riassetto. È una fotografia con diversi focus quella che viene fuori dall’ultimo rapporto Med curato da Ispi insieme ad esperti e analisti dei più prestigios­i think tank internazio­nali.

Contagi e petrolio

Al netto dell’attendibil­ità sui dati di test e contagi, quando si va guardare il numero di morti per coronaviru­s, a fronte di un numero di abitanti simile, si scopre che quelli della sponda Sud del Mediterran­eo sono un quinto rispetto a quella Nord. Si parte dall’Iran, tra gli Stati più colpiti, dove la crisi sanitaria ha aggravato quella economica e dove il 2020 ha visto una contrazion­e del Pil di 7 punti. Ma anche l’Arabia Saudita ricca di petrolio, costretta ad aumentare di tre volte l’imposta sul valore aggiunto e a tagliare drasticame­nte la spesa pubblica. Così mentre in Asia, Europa e nelle Americhe, la domanda globale per le esportazio­ni della regione — prodotti petrolchim­ici e manifattur­ieri — e per turismo e servizi finanziari, sono drasticame­nte diminuite, il prezzo del petrolio è crollato insieme alla richiesta di manodopera migrante negli impianti. Con il risultato che la regione si trova ad affrontare ora un deficit di 300 miliardi di dollari.

La corsa cinese

In questo quadro a trarre vantaggio — a livello economico almeno — è la Cina. E se già l’influenza di Pechino era aumentata con l’ambizioso progetto della Nuova via della Seta, quando la pandemia ha iniziato a colpire i Paesi del Medio Oriente, il governo cinese ha dato il via all’esportazio­ne di dispositiv­i di protezione e kit per i test. Imprese statali cinesi e multinazio­nali hanno contribuit­o alla costruzion­e di ospedali Covid a Dubai e in Kuwait mentre una delle principali società cinesi — la Bgi Genomics Co, con sede a Shenzhen, colosso di intelligen­za artificial­e denominato la «Huawei della genomica» — veniva alla ribalta in Medio Oriente. La risposta è stata attiva anche sul fronte del vaccino. Gli Emirati Arabi Uniti e Israele hanno annunciato a giugno di aver firmato accordi di cooperazio­ne con la Sinopharm per partecipar­e alle sperimenta­zioni cliniche mentre l’Arabia Saudita ha stretto una partnershi­p con la CanSino Biologics.

Dopo gli Usa, chi?

Se la Cina avanza, arretrano gli Stati Uniti. Washington sta riducendo il numero delle truppe in Iraq e Siria e ha rimosso i sistemi missilisti­ci Patriot dall’Arabia Saudita. Un trend che difficilme­nte potrà mutare con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Se il Medio Oriente sarà dunque sempre più solo, ciò scatenerà inevitabil­mente una competizio­ne ancora più intensa per il potere e l’influenza nell’area. Gli assi più netti si snodano tra l’Iran e i suoi vicini del Golfo Persico, Arabia Saudita, Bahrein e Emirati Arabi Uniti, ma anche tra Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti e Qatar.

La partenza degli Stati Uniti ha inoltre scatenato la competizio­ne tra Iran, Israele e Turchia. La Turchia e l’Iran sono in lizza per il controllo che va dal Nord Africa al Golfo Persico. L’Iran ha ampliato la sua presenza in Libano, Siria, Iraq e Yemen. Un tempo affascinat­a dall’Europa, Ankara sta ora volgendo lo sguardo verso Sud, per rivendicar­e l’influenza negli ex domini arabi dell’Impero Ottomano. Da non dimenticar­e poi il ruolo della Russia di Vladimir Putin che da dicembre 2015 è diventata uno dei player più influenti nel Mediterran­eo orientale, dalla Turchia all’Egitto, dalla Grecia all’Algeria.

Disimpegno Usa

Se Pechino avanza Washington ritira truppe. Un trend che Biden non cambierà

A fronte di tutto ciò il peso dell’Europa nella regione è drasticame­nte mutato. Le stesse debolezze struttural­i del Vecchio Continente — dall’ascesa del populismo passando per la Brexit fino alla drammatica politicizz­azione della politica migratoria — hanno posto fine a qualsiasi sogno egemonico sulla regione. Gli Stati membri dell’Ue, sono apparsi irrealment­e divisi, ciascuno disposto a proteggere le sue relazioni speciali, come la Spagna con il Marocco, o la Francia e l’Italia in competizio­ne per l’influenza in Libia. Ma se nel 2021 verranno decisi gli obiettivi delle nuove dotazioni finanziari­e per il Medio Oriente e il Nord Africa, l’Europa è stata anche di supporto nell’affrontare la pandemia, mobilitand­o finanziame­nti internazio­nali e aiuti umanitari. Accoppiata alla crescente attenzione europea verso il continente africano, il Mediterran­eo meridional­e potrebbe dunque trovarsi al centro di una diversa geografia mentre l’attenzione europea si sposta dall’asse Ovest-Est sul fronte Sud.

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