Conte sul Natale cerca l’intesa Ue Ma l’Austria: niente stop agli sci
Colloquio con Von der Leyen. Lombardia e Piemonte verso l’arancione L’ipotesi di riaprire le scuole dal 9 dicembre. M5S e Iv spingono, Pd cauto
La mission europea di Giuseppe Conte per stoppare le vacanze sulla neve sembrava partita in discesa e invece, un paletto dopo l’altro, sta diventando per l’avvocato uno slalom ad alto rischio. Se i leader e i ministri giallorossi non fanno che lanciare appelli alla responsabilità, ricordando il drammatico numero di morti da Covid, è perché hanno chiaro quanto stretta sia per il premier la porta del Natale. Per scongiurare che le feste diventino l’anticamera della terza ondata di contagi il presidente del Consiglio ha messo al bando le vacanze sulla neve, un rischio che l’Italia «non può permettersi». Ma le conseguenze sul piano economico sono enormi, prova ne siano la tensione con le Regioni del Nord e gli sforzi diplomatici dell’Italia per un «coordinamento europeo». Che, ammettono a Palazzo Chigi, incontrerà «qualche sbavatura».
In quell’ora di «ottimo scambio» telefonico con Ursula von der Leyen (che però lo ha definito «good», buono), tra Recovery, Brexit e migranti Conte è riuscito a portare il colloquio su un tema per lui cruciale: le regole del Natale. Sulla necessità di tutelare «la salute prima di tutto» e cercare al tempo stesso di ridurre i danni che le restrizioni causeranno all’economia, la presidente della Commissione Ue e il capo del governo italiano si sono trovati d’accordo. Ma realisticamente non si potrà andare molto oltre il comune intento, sostenuto con forza dalla presidente Ue, di «armonizzare il più possibile le decisioni». Il problema è che su temi come spostamenti, vacanze e alberghi ogni Stato ha sovranità e competenza e imporre regole europee, ha ricordato von der Leyen a Conte, davvero non è possibile.
L’Austria non vuole saperne dell’italico rigore e minaccia di togliere soldi al bilancio comune, con il rischio di conseguenze sul Recovery fund. Il leitmotiv del cancelliere Sebastian Kurz è un po’ quello intonato in casa dal presidente del Veneto Luca Zaia e dal leader della Lega, Matteo Salvini, che non perde l’occasione di lanciare sassi sulla pista: «Come si fa a dire tutto chiuso, quando la Svizzera ha già aperto e la Francia si accinge a farlo?». Per fortuna di Conte,
Parigi non aprirà. Lo stop di Emmanuel Macron alle vacanze sulla neve arriva su Palazzo Chigi che è sera e in Consiglio dei ministri si discute del Dpcm di dicembre, che Conte affronterà di nuovo oggi con i capi delegazione in una riunione sul Natale. L’altra spina è la scuola, con Lucia Azzolina che vuole a ogni costo riaprire le superiori il 9 dicembre, sostenuta dal M5S e da Italia viva. Dopo il pressing di un gruppo di senatori di maggioranza della commissione Cultura e Istruzione, anche i deputati hanno cercato un’azione comune ma la firma del Pd non è arrivata.
Tornando all’Europa, nelle intenzioni di Conte (che ne ha parlato sia con Macron che con Merkel) l’«armonizzazione delle scelte e delle date» dovrà riguardare anche i viaggi. Due i punti fermi del coordinamento, che Conte ha impostato con il consigliere diplomatico Piero Benassi: fare di tutto per impedire che il Natale favorisca una nuova ondata ed evitare di farsi reciprocamente concorrenza. «Se chiudi Cortina e lasci aperta Chamonix — spiegano a Palazzo Chigi — fai una scorrettezza e ti becchi la terza ondata». Il tema degli spostamenti è delicatissimo. Conte non può scrivere nel Dpcm che gli italiani non possono andare in Austria, perché c’è in gioco il Trattato di Schengen.
La soluzione potrebbe essere nella strategia del ministro Roberto Speranza, che sprona il governo a non piegarsi alle pressioni e a tenere ben dritta la barra del rigore: a dicembre, quando tutte le regioni o quasi saranno in area gialla, bisognerà stringere le misure nazionali e vietare gli spostamenti tra regioni. A riprova che Conte è orientato alla linea dura, il 2 dicembre sarà proprio Speranza a presentare il nuovo Dpcm al Parlamento. Venerdì la cabina di regia dovrà valutare i dati del monitoraggio settimanale e decidere eventuali cambi di fascia. Lombardia e Piemonte hanno le carte in regola per scendere dal rosso all’arancione e i due presidenti, Fontana e Cirio, non sembrano intenzionati a inasprire le misure.