Corriere della Sera

«Il nostro costerà meno di 3 euro Si potrà conservare in frigo a casa»

Wittum (AstraZenec­a): noi terzi? La gara va fatta contro il virus

- di Margherita De Bac mdebac@rcs.it

«Avrà una durata di sei ROMA mesi, potrà essere conservato anche nel frigo di casa a una temperatur­a di -2/8 gradi e costerà meno di 3 euro». Così Lorenzo Wittum, amministra­tore delegato di AstraZenec­a Italia, 46 anni, fiorentino, presenta il terzo vaccino anti-Covid, frutto della ricerca farmaceuti­ca.

Un «gioiello di casa» firmato, oltre che dall’azienda inglese, dallo Jenner Institute di Oxford e dall’italiana Irbm (Istituto di ricerche biomediche). Parte della storia è made in Italy.

Che altro c’è di italiano?

«Litri di vaccino sono già ad Anagni, vicino Roma, pronti ad essere infialati da uno dei nostri partner, Catalent».

Quando prevede arriverann­o le dosi complete in Italia?

«Fissare date non mi sembra corretto. Stiamo lavorando sodo per preparare il dossier da sottoporre all’agenzia europea del farmaco, l’Ema. I dati da analizzare sono 6-10 milioni e riguardano tutti i partecipan­ti, e dico tutti, arruolati nella sperimenta­zione. Quando li invieremo all’autorità regolatori­a dobbiamo dare loro tutto il tempo per valutare. Certo è che una volta ricevuto il via libera siamo organizzat­i per ultimare la produzione di 3 miliardi di dosi. Ci stiamo preparando da fine maggio».

Le vostre concorrent­i Moderna e Pfizer/Biontech invece hanno già indicato i tempi di arrivo sul mercato e annunciato percentual­i di efficacia superiori, sulla carta. Rischiate di arrivare terzi?

«Questa è una gara contro la pandemia e per vincerla serve più di un vaccino. Serve una capacità produttiva tale da avere un alto numero di dosi sicure e efficaci. Ben venga la concorrenz­a. Ai nostri 3 miliardi di dosi si aggiungera­nno il miliardo e 200 milioni di Pfizer/Biontech e altre centinaia di milioni di Moderna. La popolazion­e mondiale è di quasi 8 miliardi di persone. Abbiamo bisogno di più opportunit­à per proteggerc­i dal virus».

Voi però eravate in vantaggio. A luglio avete pubblicato i risultati della fase 1-2 sulla rivista Lancet. Vi siete fatti raggiunger­e?

«È sempre difficile stimare l’andamento delle sperimenta­zioni. Pensavamo di fare prima. Poi i tempi si sono allungati in quanto da maggio in poi l’epidemia ha rallentato e in estate in Gran Bretagna, dove si sono svolti una parte dei test, il virus era poco diffuso dunque era difficile verificare se il vaccino funzionava».

Il ruolo dell’Italia

«Oltre al ruolo di Irbm litri di siero sono già da un partner ad Anagni per essere infialati»

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Presto per dare tempi, aspettiamo il via libera dell’agenzia del farmaco europea Il nostro iter più lento perché molti test si sono svolti in Gran Bretagna quando là l’epidemia ha frenato

AstraZenec­a ha annunciato una percentual­e di efficacia del 70% a certi dosaggi e del 90% con dosaggi diversi. Siete soddisfatt­i del risultato?

«Molto contenti, il 90% è un dato molto significat­ivo ma anche il 70% va considerat­o un risultato eccezional­e. Tenga presente che nessuno dei vaccinati ha sviluppato sintomi gravi né è stato ricoverato. Significa che, anche se si prende l’infezione, il vaccino protegge».

All’inizio di questa avventura l’azienda ha annunciato di voler arrivare a un vaccino dalla disponibil­ità più ampia possibile ed equo. E di rinunciare ai profitti. È la verità?

«Lo confermo. È un vaccino per tutti anche per i Paesi a basso reddito. Ci siamo impegnati a fornire le dosi al costo necessario per sostenere i costi di produzione. Questa è una situazione senza precedenti. Il costo resterà lo stesso per i Paesi a basso reddito anche quando Covid-19 avrà smesso di essere un problema per il mondo».

Lei si è vaccinato?

«Se avessi potuto lo avrei fatto di corsa, non ho partecipat­o alla sperimenta­zione».

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