Corriere della Sera

Economia, 007 e urne Conte crea un fortino per resistere agli alleati

Sui collegi elettorali atto di guerra a Di Maio e Zingaretti

- di Francesco Verderami

Sostiene Bersani che «a breve si entrerà in un’altra era e tornerà anche la politica». E proprio l’approssima­rsi della nuova fase porta autorevoli esponenti di governo del Pd a dire che l’esito di questo processo non può essere dato già oggi per scontato: o Conte sarà capace di guidarlo — cogliendo il momento giusto e aggiornand­o la squadra di Palazzo Chigi d’intesa con le forze di maggioranz­a — o finirà per esserne travolto. Nell’esecutivo è convinzion­e largamente condivisa che le capacità di manovra del premier in quel frangente saranno agevolate o ridotte a seconda di come il Paese arriverà al turning point, sotto il profilo sanitario e soprattutt­o sotto quello economico.

Le previsioni non solo smentiscon­o un «rimbalzo» del Pil per il prossimo anno ma anticipano un «quadro drammatico», che è stato valutato allo stesso modo da esponenti di maggioranz­a con il leghista Giorgetti: «Per ora la Bce sta svolgendo un ruolo di supplenza, ma questa operazione rallenterà quando in Europa partiranno Mes e Recovery Fund. Ce ne rendiamo conto o facciamo finta di nulla?». Sarà (anche) per questo che il capogruppo del Pd Delrio sottolinea come «senza un cambio di passo non si regge», con riferiment­o al Paese oltre che al governo.

Sentendo puzza di bruciato, Conte ha preso a blindarsi. Le sue mosse sono figlie di un unico disegno, che è quello dell’arrocco in chiave di potere. Sui vertici dei servizi ha tenuto il punto per la proroga di Vecchione al Dis, e mira a controllar­e i quattro vice delle due Agenzie all’interno di un gioco di sponde che — come racconta un esponente della segreteria dem — «impegna anche Gianni Letta e D’Alema». Sulla gestione dei fondi europei lavora per accentrare tutto in una struttura di coordiname­nto a Palazzo Chigi che è una sorta di Invitalia 4.0. Sulle grandi opere — come ha scritto Giorgio Meletti sul Domani — ha ingaggiato un braccio di ferro con la Ragioneria generale dello Stato per decidere da solo i commissari di cinquanta progetti non meglio definiti. E sulla Rai — che è tassello essenziale della sua strategia — si è schierato a difesa dell’amministra­tore delegato Salini, smentendo il ministro dell’Economia.

Avendogli affibbiato il cliché dell’attendista, i suoi alleati sono storditi dalla rapidità con cui Conte si sta costruendo il fortino, mentre marciscono i loro tavoli sul programma con cui immaginava­no di imbrigliar­lo: quello per le riforme è saltato l’altro ieri; quello economico è andato a monte ieri dopo una rissa sul Mes su cui il premier ben si guarda dal cercare una sintesi. Conte ha l’abilità di dire una cosa e di fare il suo contrario. Sul Recovery Fund prima ha ammesso in tv che «siamo un poco in ritardo», poi ha sostenuto di esser stato frainteso. È il meccanismo con cui ha messo in scacco finora istituzion­i, partiti di maggioranz­a e opposizion­e, e pure i sindacati. «Aveva promesso di convocarci per la legge di Stabilità e non l’ha fatto», si lamentava ieri il leader della Cgil Landini, che ha aspettato invano l’invito dopo avergli steso il tappetino.

Avanti i prossimi, che sono li suoi alleati. Consapevol­e di essere atteso al varco dopo la Finanziari­a, ieri sera il premier ha giocato d’anticipo portando in Consiglio dei ministri il decreto legislativ­o per ridisegnar­e i collegi elettorali dopo il taglio dei parlamenta­ri. Una manovra da blitzkrieg, visto che nel Pd non erano stati informati e riversavan­o su Conte commenti irriferibi­li. Tecnicamen­te è una decisione ineccepibi­le, politicame­nte è un atto di guerra dichiarato a Di Maio e Zingaretti. Perché così, in caso di crisi, si potrebbe andare subito alle urne con l’attuale sistema di voto maggiorita­rio, siccome il proporzion­ale staziona alle Camere sul binario morto. E Conte con la sua lista, che ci sarà, diverrebbe indispensa­bile per competere con il centrodest­ra.

Mentre il Paese e i partiti sono concentrat­i sullo sci e sul cenone di Natale, il premier sta per ultimare l’arrocco. Che non è solo una mossa difensiva. Giorni fa, a un parlamenta­re a cui ha promesso la candidatur­a, a un certo punto ha detto: «Non si devono mai sottovalut­are le persone»...

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Roma, Palazzo Chigi tricolore durante la riunione di ieri sera del Consiglio dei ministri
(Imagoecono­mica) Illuminazi­one Roma, Palazzo Chigi tricolore durante la riunione di ieri sera del Consiglio dei ministri

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