TROPPE DISATTENZIONI VERSO LA STORIA, PATRIMONIO DI TUTTI
Sembra che possa essere bloccato lo sfratto dell’Istituto storico per il Medioevo dalla sua sede romana di Piazza dell’Orologio, disposto dalle autorità capitoline (sottolineo «sembra» perché al momento sappiamo solo che la sindaca Raggi «ha manifestato interesse a bloccare lo sfratto»). Ci auguriamo che così avvenga davvero. In ogni caso l’episodio rappresenta un sintomo del modo disattento e sciatto con cui spesso la nostra storia viene trattata. È infatti sconcertante che un provvedimento ai danni di un istituto che si occupa di ricerca e pubblicazione di fonti sulla storia medievale sia preso proprio in un Paese che è stato il centro della civiltà comunale, restandone segnato per sempre. Alcuni anni fa uno studioso americano, Robert Putnam, ritenne di poter individuare le zone d’Italia in cui più era presente una cultura civica precisamente in quelle parti della penisola che avevano visto il formarsi dei Comuni alcuni secoli prima. Si condivida o meno questa tesi, è innegabile che ancora oggi i modi di pensare e d’essere di tanti italiani, certe nostre qualità e certi nostri difetti, risentono di quella lunga esperienza. Giacché il carattere di un popolo, come ebbe a scrivere Benedetto Croce, non è altro che la sua storia, dunque è il risultato di ciò che il passato ha lentamente ma inesorabilmente depositato nella sua anima, se è concesso usare questo termine. Noi siamo plasmati dagli avvenimenti recenti — come sa bene chi ha vissuto la Seconda guerra mondiale o come sperimenteremo dopo l’attuale pandemia — ma anche da esperienze lontane che non abbiamo vissuto; e non è sempre detto che queste ultime siano meno rilevanti. Purtroppo una circostanza del genere è quasi dimenticata anche a causa di una pessima riforma scolastica che due decenni fa dilatò lo studio del ‘900 a spese di tutta la storia precedente, lasciando intendere che quest’ultima fosse in fondo poco importante.