Corriere della Sera

PERCHÉ NESSUNO GIRERÀ UNA SAGA SUI SAVOIA

- Caro Marco,

La risposta è no. Pur avendo a disposizio­ne il Paese più ricco al mondo di storia, il cinema e lo spettacolo italiano si occupa pochissimo della storia italiana; se non in forma di fantasy, tipo le saghe vagamente ispirate ai Medici e alla misteriosa fondazione di Roma, che non giudico perché non le ho viste. Ufficialme­nte, i film e le serie tv in costume non si fanno perché costano. In realtà, la macchina dello spettacolo non si rivolge a sessanta milioni di italiani, bensì a tre milioni di romani. La grande maggioranz­a dei produttori, dei registi, degli attori sono romani o romanizzat­i, parlano romanesco, pensano romanesco. Cosa vuole che gliene importi di una dinastia che parlava un bizzarro dialetto del Nord. In realtà, come lei ben sa gentile signor Zambelli, i Savoia hanno fatto l’Italia, e ne hanno accompagna­to bene o male le vicende per quasi un secolo. Hanno espresso personaggi letterari, da Carlo Alberto che cerca la morte sul campo di battaglia di Novara (la storia della sua fuga in Portogallo vale da sola una serie tv), a Vittorio Emanuele II che preferiva le popolane alle nobildonne – la sua visita alla regina Vittoria e alla corte inglese è tutta da raccontare –, sino appunto al regicidio di cui lei parla, e alla figura tormentata di Vittorio Emanuele III, che purtroppo si piegò al fascismo ma nel suo lungo regno non ha avuto solo demeriti. Noi qui siamo arrivati all’assurdo che nella città più monarchica d’Italia, Napoli, dove i Savoia stravinser­o il referendum – perduto invece a Torino –, qualcuno si è inventato una contro-storia in cui l’unificazio­ne del nostro Paese è una tragedia e si stava molto meglio al tempo delle forche e dell’Inquisizio­ne.

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