Corriere della Sera

«De Gasperi, un gigante che pochi ricordano»

- Cecilia Bianchetti

Aproposito di De Gasperi, faccio alcune riflession­i, magari molto generali, ma per me importanti. Sarebbe stato più facile per lui dire: io era antifascis­ta. Mi avevano messo in carcere. Piatire. Dire io non ho voluto, sono stati quelli con l’orbace e la camicia nera. No. Prese su di sé la responsabi­lità dei misfatti altrui. Lui in quel momento rappresent­ava l’Italia e, per altri era l’Italia ad aver perso la guerra. Tutto è contro di me e non conta che io fossi su posizioni diametralm­ente opposte. La dignità del vero statista, che non guarda alle prossime elezioni ma alle generazion­i future.

E cambiò la vita economica e politica dell’Italia. Da Stato povero e contadino a potenza economica e industrial­e, sesta al mondo. L’oscar, alla lira, della moneta più stabile al mondo nel 1954. E poi la Nato nel 1949, superando le notevoli opposizion­i in Parlamento e poi la C.E.C.A nel 1951, cui segui la C.E.E. a 6, le basi dell’odierna Europa. Sempre superando le forti resistenze dell’opposizion­e dell’epoca in Parlamento. E si potrebbe continuare.

Oggi tutti i politici sfruttano quello che lui riuscì a fare e pochi hanno la dignità di ricordarlo. Tutti parlano d’onestà. Lui, primo ministro, andò in America nel 1947, quando riuscì a tessere le alleanze fondamenta­li, indossando un cappotto che gli aveva prestato Adone Zoli, un compagno di partito. Un gigante. Che fa apparire ancora più nani i nani di oggi (e di ieri e di ieri l’altro). Nani, parassiti e anche ingrati.

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La lettrice sottolinea lo spessore umano e politico di De Gasperi. Quando, nel 1947, da primo ministro andò in America, gli fu prestato un cappotto

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