La pandemia taglia il lavoro delle donne: 470 mila occupate in meno
Donne sempre più istruite degli uomini. Ma anche sempre più escluse dal mercato del lavoro. Con la pandemia che le ha spinte spesso a rinunciare alle occupazioni retribuite fuori casa per caricarsi del lavoro di cura gratuito tra le mura domestiche. Questo il quadro che esce dall’audizione del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ieri davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, ma anche da uno studio condotto dall’Inapp dal titolo «Il post lockdown: i rischi della transizione in chiave di genere».
«Nel 2019, in Italia, avevano il diploma quasi due donne su tre; una quota di circa cinque punti percentuali superiore a quella degli uomini (64,5% contro 59,8%), differenza che nella media Ue è invece pari ad appena un punto — ha spiegato Blangiardo —. Inoltre, il 22,4% delle donne ha una laurea (22,6% nel secondo trimestre 2020), contro il 16,8% degli uomini. Nonostante ciò il tasso di occupazione femminile con la pandemia sta facendo passi indietro. Nel secondo semestre di quest’anno si attestava al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile, collocandoci al penultimo posto in Europa. Sempre nel secondo semestre si sono registrate ben 470 mila occupate in meno. L’occupazione femminile si concentra nel settore più colpito dalla crisi, il terziario (84% rispetto al 59,1% degli uomini). Ma non è l’unico problema. Inapp ha analizzato i dati legati all’utilizzo del cosiddetto «congedo Covid» utilizzabile in caso di quarantena dei figli durante la pandemia. Ne è risultato che, nonostante la norma consentisse la divisione con il partner dei giorni di assenza, il 90% delle donne lo ha utilizzato interamente per sé, soltanto l’8% lo ha condiviso con compagno. In altre parole, con l’emergenza sanitaria il lavoro di cura gratuito in famiglia è aumentato. E a farsene carico sono state le donne. A pesare anche il fatto che le retribuzioni femminili sono in media più basse (17% in meno nel privato secondo Eurostat). Così il primo stipendio a essere sacrificato in caso di necessità è nella maggioranza dei casi quello femminile.