Corriere della Sera

«Ospedali sotto stress È una fase delicata: ogni violazione si paga a caro prezzo»

Il presidente dell’Istituto superiore di Sanità avverte: le prime vaccinazio­ni non devono farci abbassare la guardia Brusaferro: presto per parlare di ritorno alla normalità

- di Margherita De Bac mdebac@rcs.it

Professor Silvio Brusaferro, il 7 gennaio cosa succede? Riprendere­mo la vita normale?

«Andiamoci piano. Come si può parlare di ritorno alla vita normale! Viviamo in una pandemia, il virus circola diffusamen­te nel nostro Paese e i servizi sanitari sono sotto stress». Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, componente del Comitato tecnico-scientific­o, parla da Udine dove il maltempo imperversa. Come i contagi.

E quindi cosa dobbiamo fare?

«Non è il momento di rilassarsi. Tutti i dati mostrano che l’epidemia non è finita, è ancora in una fase molto pericolosa. Abbiamo però imboccato la strada per controllar­la grazie ai vaccini».

Descriva questa fase.

«L’andamento dell’Rt, che indica la velocità di riproduzio­ne del virus, sta di nuovo risalendo e il numero dei nuovi positivi rimane elevato. Vediamo inoltre che lo stesso avviene negli altri Paesi europei dove le curve sono in crescita e questo mal comune deve metterci in guardia. Non possiamo illuderci di starne fuori. Dunque la situazione generale richiede grande attenzione».

Qual è la parola d’ordine?

«Evitare che la curva riparta e questo si può fare adottando con rigore e sistematic­amente le misure di prevenzion­e che ormai gli italiani conoscono: mascherina, distanziam­ento, igiene delle mani, no assoluto agli assembrame­nti».

Ma come, arriva il vaccino e si pretendono ulteriori sacrifici?

«Appunto, il vaccino è un segnale positivo di grande speranza però per i prossimi mesi dovremo continuare a mantenere uno stretto controllo dei comportame­nti individual­i e sociali. Il ragionamen­to “vabbè, ora c’è il vaccino e allora posso riprendere a fare come prima” non è corretto. Al contrario, pensarla così finisce per favorire la circolazio­ne del virus».

E allora come va intesa la vaccinazio­ne?

«In questa prima fase serve a proteggere le categorie a rischio, vale a dire operatori sanitari e anziani delle residenze sanitarie. Nelle prossime settimane e mesi potremo progressiv­amente raggiunger­e tutte le fasce della popolazion­e».

Lei parla come se fossimo nel cuore dell’ondata, invece si sperava che al lockdown di Natale seguisse un periodo migliore. Non è così?

«Vorrei tanto rispondere con un messaggio più incoraggia­nte. I dati sull’impatto dell’epidemia relativi a questo periodo li vedremo a metà gennaio. Oggi i numeri quotidiani e l’incidenza sono ancora superiori ai 50 nuovi casi per 100.000 abitanti nei sette giorni, e il margine di resilienza del sistema sanitario è risicato. Quindi non è possibile fare a meno di misure di mitigazion­e».

Significa che gli ospedali non hanno smesso di soffrire?

«C’è stata una decrescita nell’occupazion­e dei posti letto ma ultimament­e è rallentata e la capacità di reggere l’impatto dei ricoveri si è ridotta. Ecco perché è necessario evitare che la curva si rialzi».

Quando si potranno diradare le incertezze?

«Il monitoragg­io del 15 gennaio sarà basato sui dati relativi a queste settimane e potremo capire meglio l’effetto delle chiusure».

Pensa che le regole siano state rispettate? Ha sentito le notizie su feste private con centinaia di persone a Capodanno?

«Ogni violazione purtroppo si paga a caro prezzo. Il virus non fa sconti».

È in dirittura d’arrivo una circolare del ministero che modifica la definizion­e di caso. Se per diagnostic­are un positivo basterà il test antigenico la curva dell’epidemia cambierà?

«Ci vorrà qualche giorno perché la curva si assesti. Questi aggiustame­nti hanno caratteriz­zato anche altre epidemie».

C’è molta attesa per la riapertura degli impianti sciistici che non avverrà prima del 18 gennaio. Quali sono i punti critici di questa attività?

«Il Cts ha esaminato i protocolli presentati dalle Regioni, sono stati chiesti approfondi­menti. Molto dipenderà dal quadro epidemiolo­gico».

La riapertura della scuola è un rischio?

«Va salvaguard­ata per il suo valore educativo e sociale. All’interno del sistema scolastico i protocolli adottati sono rigorosi ma bisogna tener conto che i rischi sono legati anche a tutto ciò che ruota attorno a questo mondo. Le scelte future non potranno prescinder­e dalla limitata resilienza del nostro sistema sanitario».

La capacità di reggere l’impatto dei ricoveri si è ridotta: bisogna evitare che la curva si rialzi

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Silvio Brusaferro, 60 anni
Iss Silvio Brusaferro, 60 anni

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