Il caso della Lombardia partita piano «Ma da domani 10 mila al giorno»
L’opposizione: fermi al 3%. La replica: dati riferiti a tempi brevi e con festivi
Fa discutere, a tratti già litigare, la corsa al vaccino. Intesa questa volta come la graduatoria delle vaccinazioni fatte da ogni Regione al netto delle (poche) dosi di Pfizer già recapitate. Così monta la prima polemica, quella di chi accusa la Lombardia di falsa partenza. La discussione gira intorno a quel 3 per cento di somministrazioni già eseguite rispetto alle 80.595 mila dosi a disposizione. Con l’opposizione locale, che per voce di Pd e 5 Stelle, grida all’ennesima brutta figura. E con l’assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera costretto a una replica che non pensava di dover tirar fuori a poche ore dal semaforo verde della campagna: «Chi utilizza delle graduatorie riferite a tre giorni, di cui uno festivo, per continuare a cavalcare polemiche pretestuose, dimostra assenza di responsabilità istituzionale e politica». E annuncia da domani il primo vero cambio di passo: «La nostra agenda prevede almeno 10 mila vaccinazioni al giorno. Un numero che, con tutte le strutture a regime, potrà salire in questa prima fase tra personale medico e ospiti di Rsa fino a 15 mila».
Per spiegare le verità che stanno nel mezzo bisogna partire dalla distribuzione dei primi lotti di Pfizer. Che non sono arrivati a destinazione tutti insieme, come da prima ipotesi, ma frazionati. La Lombardia, che essendo la regione più popolosa si prepara ad affrontare la profilassi più ampia, ha optato, a differenza di altre Regioni, per una distribuzione su 65 hub, anche se solo 34 ricevono direttamente da Pfizer le consegne. Una strategia che pagherà nel lungo periodo, ma che non ha favorito il ritmo dei primi giorni. Ma come mai, sempre stando alla graduatoria del sito che in tempo reale aggiorna la progressione delle somministrazioni, la Lombardia ha eseguito solo il 4 per cento dei vaccini già inoculati in Italia? Qui bisogna fare i conti con il calendario. Il piano originario, al netto dei ritardi di consegna, dovuti anche al maltempo, prevedeva di aprire l’agenda dal 4 gennaio. «Una scelta ponderata, motivata anche dal fatto che nei giorni delle festività parte del personale ha goduto di un sacrosanto riposo, visto che dal mese di febbraio, come in nessun altra regione italiana, è sotto pressione per la violenza con cui il virus ha colpito il nostro territorio», aggiunge Gallera.
Troppo complicato modificare i turni del personale per guadagnare un paio di giorni, con il rischio di imballare ospedali ancora sotto pressione con quasi 4 mila ricoverati Covid, fra rianimazioni e altri reparti. La prova del nove si avrà nei prossimi due-tre giorni, contando che si vaccinerà a pieno ritmo anche il giorno dell’Epifania e l’adesione è stata quasi ovunque intorno al 90 per cento. Al Pirellone sono certi non solo di stare nella scadenza complessiva di fine febbraio della prima fascia di popolazione, ma anche di balzare ai vertici della graduatoria regionale nel giro di pochi giorni. Per ora si è scelto di rodare la macchina vaccinando primari e capi reparto. «Ci sarà da abituarsi all’idea che le date di consegna ballano e balleranno — conclude il responsabile operativo della campagna vaccinale in Lombardia Giacomo Lucchini —. Bisognerà essere bravi a rendere elastiche le agende senza perdere ritmo».