Il governo a un passo dalla crisi I «responsabili» già si sfilano
Da Cambiamo all’Udc le smentite alle voci. Le scintille tra Orlando e Renzi
ROMA Una crisi nella maggioranza che si acuisce ogni ora che passa. Se Matteo Renzi non ha nessuna intenzione di indietreggiare, anche per dimostrare che il suo non è un bluff e che lui non è una «tigre di carta», dall’altro il Pd non ci sta e non accetta la ricostruzione del leader di Italia viva. Oggetto della contesa, l’indiscrezione di Renzi che vorrebbe il vicesegretario dei democratici Andrea Orlando nella veste di corteggiatore dei senatori vicini a Giovanni Toti. «La qualità delle fonti liguri di Matteo Renzi non deve essere di prim’ordine» attacca il numero due del Nazareno. E ancora: «Non parlo con Toti da mesi e mai ho parlato con lui di ingressi in maggioranza. Quello che penso di questa crisi è noto». La posizione del Pd è sempre la stessa: o si va avanti cambiando passo, o si torna al voto. Non a caso Andrea Romano, portavoce di Base riformista, la corrente che fa capo a Lorenzo Guerini e Luca Lotti, fa un ragionamento in cui sembra voler strigliare il leader di Italia viva: «Le parole che il presidente Mattarella ha usato nel messaggio di fine anno sono la bussola di questo passaggio. Essere “costruttori” significa mettere da parte ricatti e piccole tattiche e guardare alla sostanza di quello che serve all’Italia». Le chat dei Cinque Stelle sono al vetriolo contro il senatore di Scandicci, e Luca Carabetta è fra i pochi ad esternare questo malessere: «L’attuale esecutivo è riuscito a prendere il Recovery fund, ora i ministri competenti dovranno gestire i fondi e guarda caso qualcuno minaccia di far saltare il tavolo». Critica anche Loredana De Petris, presidente del Misto in Senato e dirigente di Leu: «La possibilità di una crisi di governo oggi è quanto di più irresponsabile si possa immaginare. Si tratterebbe di una crisi completamente al buio».
In questo contesto la maggioranza attende la prossima mossa di Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio ha già fatto sapere che dopo il consiglio dei ministri sul Recovery plan si presenterà in Parlamento se venisse a mancare la fiducia di un partito. «Abbiamo fatto richieste di merito. Ci aspettiamo che arrivino risposte sul merito» insiste il renziano Ettore Rosato. Nell’attesa il potenziale soccorso dei responsabili sembrerebbe assottigliarsi. I tre senatori dell’Udc — Paola Binetti,
Antonio De Poli e Antonio Saccone — escludono categoricamente di sostenere l’inquilino di Palazzo Chigi. «Non siamo e non saremo mai la stampella di nessuno», assicura il segretario Lorenzo Cesa. Si sfila anche Cambiamo, il partito che fa capo a Giovanni Toti e che annovera tre senatori. Fra gli altri l’ex berlusconiano Paolo Romani, che avverte: «Inutile bussare alla nostra porta in cerca di sostegno alla maggioranza, Cambiamo è e resterà all’opposizione del governo Conte». Saranno solo tatticismi?
Dall’altra parte c’è l’opposizione intransigente. Il leader della Lega Matteo Salvini non solo si dice «non interessato» alla sfida Conte-Renzi, ma afferma che questo governo non potrà durare perché «passa il tempo a litigare». Con un desiderio: «Serve un governo stabile, coerente, concreto non litigioso di centrodestra per restituire speranza e sviluppo a questo Paese».
In Liguria
Il vicesegretario dem: mai incontrato Toti per parlare di ingressi in maggioranza