Il leghista che governò Milano (ma nel 1999 abbandonò Bossi)
Aveva 90 anni, era nato socialista. Sala: la città può essere orgogliosa di lui
L’elezione di Marco Formentini scoppiò. Come una rivoluzione. Nel 1993 si sapeva che la Lega avrebbe fatto il pieno, ma da lì a vedere la conquista di Milano ce ne correva. E invece, tra le cannonate dell’inchiesta Mani Pulite, in mezzo alla polvere sollevata dalle macerie dei vecchi partiti, spuntò il borgomastro leghista scomparso ieri a 90 anni: primo sindaco eletto direttamente dai milanesi fu anche il primo alla guida di una maggioranza monocolore, 36 consiglieri su 60. Tra loro, con 194 voti, anche un ragazzino di 21 anni, un certo Matteo Salvini. Allora terzultimo per preferenze, è l’unico che è rimasto.
In teoria, Marco Formentini non aveva bisogno di parlare con nessuno. E infatti, nella primissima fase, lui non lo fece. Indossò anzi la maschera, che non era sua, del leghista cattivo. A dispetto di quella bonomia umana che tutti ricordano, a dispetto del tratto autenticamente cordiale, impose le sue regole: vietato a
Dopo il Carroccio si avvicinò alla Margherita e poi alla Dc di Rotondi
tutti parlare con i giornalisti, vietato disturbare gli assessori. Gli stessi consiglieri comunali — racconta la ex capogruppo Marilena Santelli — per interloquire con gli uomini della giunta dovevano compilare un modulo. Nacque così il ruolo non ufficiale di tramite con la stampa dell’indimenticabile «first sciura», Augusta Gariboldi, scomparsa nel 2012. Poi, nel 2015, a 85 anni suonati, Formentini sposò, officiante Giuliano Pisapia, Daniela Gallone.
La fase ultraleghista durò neanche un anno, il tempo che Silvio Berlusconi scendesse in campo. L’alleanza tra Lega e Forza Italia, lungi dal rafforzare Formentini, finì con l’indebolirlo: quando Bossi fece cadere il governo, non passarono sei mesi che il sindaco si ritrovò senza maggioranza: il mandato arrivò a conclusione naturale grazie soltanto al sostegno del centrosinistra. Simbolo e suggello del patto, fu l’elezione a presidente del consiglio comunale della socialista Letizia Girardelli, già assessora con il predecessore di Formentini, il riformista ex Pci Piero Borghini. È lei a fare il paragone con i 5 Stelle del 2018: «Erano arrivati nella stanza dei bottoni ma non sapevano dove mettere le manic. Poco dopo, all’Ambiente, arrivò Walter Ganapini: certamente un tecnico, certamente di sinistra.
Molti anni prima del Movimento 5 Stelle, la Lega misurò così la distanza tra l’ideale politico e la prassi di governo. Va detto che ben prima del patto con la sinistra, la giunta Formentini non era un monoblocco di leghisti duri e puri: assessore alla Cultura era il grande Philippe Daverio. Memorabili i suoi scontri con Giorgio Strehler per la realizzazione della nuova sede del Piccolo Teatro. Ma in squadra c’erano anche l’economista Marco Vitale, già consulente di Borghini, e il cognato di Giorgio Bocca, Marco Giacomoni. Ma non perché il grande giornalista, prima delle elezioni, avesse fatto un endorsement pro Formentini che a sinistra fece rumore. Fatto sta che il borgomastro leghista, nel 1997, nemmeno arrivò al ballottaggio. Sergio Scalpelli, che divenne assessore poco più tardi, allarga la braccia: «Formentini è stata persona meravigliosa. Ma la sua giunta è stata la peggiore del secondo Dopoguerra. La giunta Albertini ha inventato cose molto importanti per questa città, ma ha avuto gioco facile per il fatto che i predecessori nemmeno erano riusciti a tirare fuori dai cassetti i progetti ereditati». Politicamente, Formentini era nato socialista: fu il segretario della prima giunta della storia lombarda, quella guidata da Piero Bassetti. Nel ‘99 arrivò l’addio alla Lega. Spiegò di essere a disagio per la svolta secessionista di Bossi. A Palazzo Marino, Salvini lo attaccò con un discorso incandescente: Formentini era stato appena eletto a Strasburgo con la Lega. Acqua passata: ieri Salvini l’ha ricordato come «uomo onesto, coraggioso, concreto e generoso». Più tardi, l’ex sindaco si avvicinò alla Margherita prima di tornare nel centrodestra con la Dc di Rotondi.
Il sindaco Beppe Sala lo ricorda così: «Formentini è stato un uomo politico di cui Milano può essere orgogliosa».
Seppe farsi apprezzare per quelle doti umane che un sindaco non deve mai dimenticare di esercitare
Buon viaggio Marco, uomo onesto, coraggioso Proteggi la nostra Milano e la nostra Italia