Quando preparava i casoncelli al Senatùr «Suonavano il pianoforte fino all’alba»
Il suo locale crocevia del partito. Salvini: abbiamo condiviso anni di battaglie
Il vocione e il tono deciso, come i modi: «Padania libera». Franco Colleoni rispondeva così al telefono, anche superati gli anni della Lega Nord delle origini, quando nella sua Dalmine portava Umberto Bossi alle feste del movimento e all’ingresso faceva cambiare le lire in «leghe». Qualcuna la regalò anche al Senatùr. Con lui fu per un periodo nel Consiglio federale, mentre a Bergamo, tra il 1994 e il 1999, era stato assessore provinciale all’Agricoltura e poi segretario provinciale fino al 2004. Subito dopo lasciò la Lega, ma mantenne sempre vivi gli ideali degli albori, lo spirito indipendentista e pure quel suo speciale modo di aprire le telefonate, che ora tutti ricordano come caratteristica distintiva. Era in disaccordo più con le persone che con i principi, aveva raccontato lui stesso in un’intervista del 2013, quando aveva annunciato il suo voto per il Movimento 5 Stelle.
Non a caso, è rimasto «Il Carroccio» il nome del ristorante che aveva aperto in paese, più di vent’anni fa, nella corte dove abitava e in cui ieri mattina è stato trovato con il cranio sfondato, a 68 anni. Ci è passata mezza Lega da quei piatti di casoncelli e di arrosto con polenta, da Umberto Bossi ai parlamentari padani, fino ai politici della nuova leva. Era la tappa al termine di comizi, incontri e feste politiche tra la gente, a fare l’alba con le canzoni al pianoforte. La trattoria è rimasta, come allora, con i manifesti delle imprese leghiste appesi e i piatti della tradizione bergamasca. «Ricordo con stima e affetto Franco Colleoni. Con lui ho condiviso anni di battaglie, di sconfitte e di vittorie», sono le parole del leader della Lega Matteo Salvini, tra i frequentatori del ristorante. «La notizia del suo barbaro assassinio ci colpisce profondamente», fa sapere Albert Gardin, CXXI Doge della Repubblica Veneta, di cui Colleoni era un membro del Maggior Consiglio.
Claudia Terzi, assessore alle Infrastrutture della Regione Lombardia, anche lei di Dalmine, riferisce un aneddoto che fa capire bene la tempra del personaggio: «In uno di quei consigli comunali affollatissimi e con i carabinieri in aula, quando si discuteva del progetto dell’inceneritore che la Lega fece approvare, Franco si tolse una scarpa e la picchiò sul tavolo per riportare il silenzio. Aveva un carattere forte, ma anche allegro. Gli ho sempre riconosciuto coerenza e lealtà. Continuò a sostenerci anche dopo essersi allontanato dal partito». Aveva vissuto la parentesi delle battaglie più accese, sui rifiuti dal Sud e le quote latte, per citarne alcune. A Dalmine, la Lega si piazzò per giorni fuori dal termovalorizzatore per bloccare i camion in arrivo con la spazzatura di Napoli. Colleoni arrivava dal suo ristorante con teglie di pasta al forno per rifocillare i compagni di protesta. Se lo ricorda bene un altro leghista bergamasco, Giacomo Stucchi, ex presidente del Copasir. Contro le quote latte erano arrivati ad occupare la sala del Consiglio provinciale quando Colleoni era assessore. E nel 1996 fu lui a proporre Stucchi alle Politiche, anticipate, nel collegio di Dalmine. Non era una di quelle zone forti come le valli, «invece si vinse».
«Facevamo iniziative tutte le settimane e Colleoni era sempre in prima fila», è il deputato Daniele Belotti. «Lo ricordo per la passione che metteva — dice Giovanni Cappelluzzo, eletto presidente della Provincia nel 1994 —. Ricordo ancora una sera, a cena nel suo ristorante, c’era anche Bossi: “Ancora una, ancora una”, dicevano. Una canzone dopo l’altra, al pianoforte, e si arrivò al mattino».