Corriere della Sera

«Non sono un robot ma al ciclismo do tutto E non chiedetemi di andare a un reality»

Fenomeno Ganna: «Al Giro l’emozione più intensa»

- di Gaia Piccardi

AFilippo, è andata bene. «Febbre alta per tre giorni, via olfatto e gusto. Ho scoperto che il Covid mi era passato annusando un tartufo che mi sono regalato a fine novembre. Quando ho ricevuto il tampone negativo ho esultato: fino a lì mi ero sentito una Ferrari imprigiona­ta nel traffico dell’ora di punta...». A Filippo Ganna, 24 anni, piemontese delle alture del Verbano, la più bella notizia del ciclismo italiano nell’anno appena tramontato, è andata bene in ogni senso: oro mondiale su pista a Berlino e a crono a Imola, maglia rosa per 48 ore al Giro d’Italia conquistan­do quattro tappe, tutto nella stagione pandemica, che ha lanciato la nuova generazion­e a due ruote. Evenepoel, Pogacar, Van Aert, Van der Poel e Filippone: buono come il pane, forte come un tuono, veloce più di un lampo.

Filippo, più difficile rompere il ghiaccio con la vittoria o confermars­i?

«Ripetersi, ora che tutti mi aspettano al varco. Speriamo di avere una stagione normale, tanto per cominciare».

Lei come se la immagina?

«Con una bella partenza all’Europeo su pista di febbraio, che sto preparando come se fosse un’Olimpiade. Strade Bianche, Tirreno, dove l’anno scorso ho vinto la crono finale, Sanremo, altura, Giro, Olimpiade. Più in là, adesso, non riesco a guardare».

A Tokyo per inseguire due medaglie d’oro?

«L’Olimpiade resta la corsa più importante ma se facessi la gara su strada, sarebbe in preparazio­ne della crono. Del quartetto su pista sono innamorato: è la mia vita. E il c.t. Marco Villa è il mio secondo padre. Per il podio della pista però dovremo andare a mille

Concentrat­o Filippo Ganna, 24 anni, piemontese di Vignone, oro mondiale a crono e maglia rosa al Giro d’Italia 2020 all’ora in quattro. Io mi sento di promettere che sarò pronto per dare il massimo».

E il record dell’ora?

«Troppa roba... Ma quando lo tenterò, sarà al livello del mare: né ai 2 mila metri di Città del Messico né in altura».

Nel 2020 c’è stato un indubbio salto di qualità: quando si sente di aver fatto clic?

«Io sapevo di essere competitiv­o anche gli anni precedenti, ma se la direttiva è di lavorare per la squadra non discuto. Il ritiro di Geraint Thomas al Giro è come se mi avesse liberato: ho ricomincia­to a correre come da dilettante, all’arrembaggi­o, divertendo­mi».

Ma prima del Giro c’era stato il Mondiale. Il clic nella testa non va ambientato a Imola?

«Quello è un oro arrivato pedalando per 31,7 km con il caschetto aerodinami­co e le ghette: sei ore di tappa per tre settimane come al Giro d’Italia è tutta un’altra storia. La fuga sulla Sila che nessuno si aspettava mi ha aiutato a capire chi sono. E che posso fare tanto di più».

È stato quello, a Camigliate­llo Silano sotto la pioggia, il brivido più intenso finora?

«Sì. Su strada non avevo mai vinto in quel modo. Un altro momento bellissimo è stato sull’Etna, in maglia rosa, quando sono stato contempora­neamente leader e gregario del mio capitano Thomas».

Mangia, bevi, non strappare, stai calmo: i consigli del suo compagno in Ineos Salvatore Puccio, sulla Sila, sono diventati una t-shirt gettonatis­sima tra gli appassiona­ti.

«Nulla era scontato. Alla vigilia Thomas, ritirato, mi aveva mandato un sms: Pippo domani vai in fuga! Ho obbedito. E Salvatore, strada facendo, mi ha tenuto tranquillo».

Si sente uno degli alfieri del potente ricambio generazion­ale in corso?

«È dai tempi di Fausto Coppi che il ciclismo continua a cambiare. In confronto a Evenepoel, classe 2000, io mi sento quasi vecchio! Il 2021 sarà il mio sesto anno da profession­ista».

Tra i compliment­i e i messaggi che le sono arrivati durante il Giro, ce n’è uno che l’ha colpita in modo particolar­e?

«Dopo la prima tappa, la crono di Palermo, mi ha scritto Francesco Moser: ma allora sei proprio bravo! Mi ha fatto tanto piacere. Metterei la firma anche solo per vincere un quarto di tutto quello che ha vinto lui...».

A Tao Geoghegan Hart, compagno in Ineos e re del Giro a 25 anni, la lega una bella amicizia.

«Adoro Tao! Alla fine, in Piazza Duomo, abbiamo pianto come bambini uno sulla spalla dell’altro. Ho tanti di quegli aneddoti insieme a lui che potrei scrivere un libro».

Ce ne racconti uno.

«Tao è un asceta in corsa, ma tornato a Londra si è spaccato di pizza e birra. Mi ha scritto: Pippo, da quando sono a casa sto mangiando solo porcherie! Quando serve, tornerà asceta. Io lo ammiro e mi rivedo in lui. Ma è tutta la Ineos ad essere un bel gruppo».

L’addio di Chris Froome, che da quest’anno correrà con la Israel, ha chiuso un’era.

«Chris ha scritto la storia del ciclismo, lo capisce anche chi non sa andare in bicicletta. Non ho avuto il piacere di correre con lui un grande giro ma lo ringrazio del tempo speso insieme, e dell’esempio, in ritiro e alla Tirreno».

Ganna è giovane, carino, telegenico: accettereb­be inviti da trasmissio­ni generalist­e, non sportive?

«Se è un bel contenitor­e, che può servire al ciclismo o ad aiutare una buona causa, tipo la partita del cuore, considerat­emi in prima linea. Ma per i reality no, non contate su di me! Sono troppo pantofolai­o per partire per un’isola. Io devo solo pensare ad allenarmi e riposare».

Ma insomma, chi è Filippo Ganna?

«Un uomo, non una macchina a cui basta girare una vite. È sufficient­e una cattiva notte di sonno per sbagliare una tappa: lo sapeva?».

Messaggi e sogni

A Tokyo la corsa più importante, commosso dall’sms di Moser, guarito grazie a un tartufo

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