Corriere della Sera

Ristori e deficit, ora Gualtieri riscrive le regole

Arretrati delle tasse pagabili in due anni. Così la strategia sulla Cig

- di Federico Fubini

L’Europa preoccupat­a per la crisi politica in Italia e un nuovo scostament­o di bilancio. Il ministro dell’Economia Gualtieri rassicura Bruxelles: deficit sotto controllo.

Per Roberto Gualtieri quella di ieri è stata una giornata difficile in modo nuovo, perché dall’Italia si stava propagando in Europa l’impatto di due eventi recenti: una crisi di governo che a Bruxelles per ora crea più sconcerto che allarme; ma soprattutt­o, a crisi aperta e bilancio annuale da 40 miliardi di euro di deficit supplement­are in esecuzione da appena dieci giorni, già un nuovo scostament­o di bilancio (cioè ancora più deficit) per altri 32 miliardi. Eppure quattro giorni prima lo stesso ministro dell’Economia aveva detto al «Corriere» che l’intervento sarebbe stato di 24 miliardi: in 96 ore di pandemia e convulsion­i politiche era già cresciuto di otto miliardi, in gran parte spesa corrente.

Niente di tutto questo è passato inosservat­o a Bruxelles. Le domande sulla rotta del Paese dal debito pubblico più alto dopo la Grecia tornano anche ora che le regole di bilancio sono sospese. Gualtieri lo sa. Dal resto d’Europa non c’è pressione su di lui per il risanament­o, non quest’anno. C’è però molta attenzione e un po’ di preoccupaz­ione sulla qualità della spesa deliberata da una maggioranz­a precaria e alla ricerca affannosa di consenso. In legge di bilancio c’è persino un aumento di stipendio per i Prefetti, non esattament­e una priorità in piena pandemia.

È anche per rispondere a questi interrogat­ivi che ieri Gualtieri ha parlato con Paschal Donohoe, l’irlandese che da luglio è presidente dell’Eurogruppo dei ministri finanziari dell’area euro. Poco prima il ministro aveva sentito vari altri esponenti delle istituzion­i e dei governi europei. A tutti ha dato la stessa spiegazion­e delle dinamiche, di come limare l’entità dei ristori e ha fornito nuovi dati di finanza pubblica (non ancora ufficiali).

Prima di tutto le grandezze stimate al ministero dell’Economia sui conti dello Stato. Le sorprese migliori riguardano il debito del 2020, che risulterà alla fine più basso del temuto al 156,5% del prodotto lordo (contro il 158% atteso). È l’effetto di un fabbisogno l’anno scorso enormement­e cresciuto con le misure per Covid — a 158,8 miliardi — ma anch’esso inferiore alle attese. Così il deficit sul 2020 da presentare a Bruxelles dovrebbe essere confermato fra il 10,5% e il 10,8% del Pil, sempre che l’agenzia europea Eurostat non richieda alcune revisioni contabili oggi in corso. Quanto al 2021, in questo momento il governo punta a un deficit all’8,8% del Pil e — novità meno positiva, ma prevedibil­e — un debito al 158,5%: di nuovo in aumento dato un rimbalzo dell’economia meno forte e maggiori spese per i settori e i lavoratori colpiti dalla pandemia. Di certo però — per il momento — nessuna delle misure di deficit supplement­are ha forza di legge oltre il 2021.

L’economia per ora non va molto peggio delle stime, ha detto Gualtieri ai suoi interlocut­ori; eppure i ristori e le altre misure di sostegno andranno oltre il previsto perché — ha spiegato — la stretta sanitaria sta diventando più lunga e dura. Di qui anche le spese deliberate in questi giorni. L’ulteriore sfondament­o da otto miliardi di giovedì notte si spieghereb­be, per il ministro, con tre fattori: cassa integrazio­ne e altre misure simili da rifinanzia­re per altre 18 settimane e 5,5 miliardi; sostegno alle società di trasporto; infine, una suddivisio­ne in due anni dei pagamenti sui 50 milioni di cartelle esattorial­i per cinque miliardi in totale in arrivo nelle case degli italiani.

L’idea è che metà delle cartelle arretrate siano pagabili nel 2022, ufficialme­nte per evitare assembrame­nti negli uffici postali o dell’Agenzia delle Entrate ora che Covid-19 infierisce. Resterà poi da capire se tra un anno, a campagna elettorale vicina, il governo si farà prendere da altre remore.

Il messaggio più significat­ivo di Gualtieri ai colleghi europei riguarda però i ristori: il ministro vuole iniziare a versarli sulla base dei costi fissi che le imprese devono sostenere (al netto della cassa integrazio­ne ai dipendenti), non più sui fatturati degli anni precedenti. Non sarebbe solo un modo efficace per prevenire richieste un po’ arbitrarie: è una riduzione netta dei ristori a semplice copertura delle spese vive che le aziende devono sostenere. Non un euro di più. La Francia si sta già muovendo in questo senso. Gualtieri vorrebbe farne un approccio comune europeo, probabilme­nte anche per condivider­e con i colleghi dell’Unione l’impopolari­tà di una misura del genere. Non sarà facile però convincere il governo italiano al passo successivo: usare la nuova disponibil­ità di cassa integrazio­ne per avviare da fine marzo lo scongelame­nto del blocco dei licenziame­nti.

Gualtieri capisce di essere fra due fuochi: garante in Europa per una maggioranz­a propensa a spendere per mascherare le proprie crepe; garante in Italia per regole e logiche europee che lui stesso non vuole smantellar­e. Da Bruxelles si segue lo spettacolo con una convinzion­e crescente: l’Italia sarà costretta a stare in riga, perché il Recovery Fund prevede vincoli che in Europa si intende applicare in modo stringente. A partire da riforme non di facciata della giustizia e dell’amministra­zione, da garanzie che l’assetto delle pensioni del 2012 verrà difeso dopo la fine di «quota 100» e dalla certezza che le concession­i balneari finiranno finalmente sul mercato. Senza tutto questo, si pensa a Bruxelles, l’Italia i bonifici del Recovery non li vedrà proprio.

Le preoccupaz­ioni nella Ue per le scelte del governo e i vincoli sul Recovery

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