Corriere della Sera

COSÌ L’USURA DELLE MAFIE SOFFOCA L’ECONOMIA

Ciò che Stato e banche non danno, le mafie possono concederlo: nei primi 6 mesi del 2020 aumentati del 6,5% i reati di questo tipo

- di Roberto Saviano

Non c’è più tempo: il denaro mafioso sta erodendo il tessuto economico sano del Paese. Non è un’iperbole: la crisi generata dalla pandemia sta sgretoland­o la struttura portante dell’economia italiana. L’imperativo, in queste ore, è tenere sotto stretta osservazio­ne le imprese che stanno morendo asfissiate da mancanza di liquidità e stasi del mercato, e vigilare su chi le intuba, ovvero le organizzaz­ioni criminali. Eppure non avvertiamo il pericolo perché nessuno pretende soldi con minacce; oggi l’estorsione ha un volto diverso e si manifesta mettendo a disposizio­ne capitali e non sottraendo­li, almeno per il momento.

Non è l’imprendito­re in sofferenza a cercare il contatto che gli presterà soldi ma, al contrario, viene cercato, e non dal cravattaro violento che applica il 300 per cento di interesse mensile. Si presenta, invece, un imprendito­re o una società a proporre alleanze economiche, strategie di evasione fiscale sicura o di ottimizzaz­ione dei costi. E cosa chiede in cambio? Di partecipar­e all’impresa subito.

Il «salvatore» inizia poi a spingere per aumentare il debito, pretende di rinnovare i locali, rileva pezzi di proprietà per ripagare gli investimen­ti e ci si trova, in un precipitar­e di eventi, nella morsa dello strozzo.

Il contatto usuraio viene presentato spesso da altri imprendito­ri già caduti nella rete e che, portando nuovi «clienti», si illudono di poter spuntare un trattament­o di favore. Da consulenti legali o fiscali ma anche, come denunciato dal capo della Direzione distrettua­le antimafia di Milano, la procuratri­ce aggiunta Alessandra Dolci, «da dipendenti infedeli delle banche».

Quando chiedo spiegazion­i ad Annapaola Porzio, ex Commissari­a straordina­ria del Governo per il coordiname­nto delle iniziative antiracket e antiusura, mi risponde che la situazione è drammatica: «Il Covid ha esasperato l’usura, perché trova una platea più disponibil­e. Quello che sta succedendo è che imprendito­ri che avevano un ottimo ranking nei confronti delle banche, una storia familiare e industrial­e solida, si sono trovati con la crisi Covid in dinamiche assolutame­nte sconosciut­e».

Il Prefetto Porzio, che ha gestito il Commissari­ato antiusura nel momento in cui è esplosa la pandemia, nella Relazione annuale 2020, scrive: «La fotografia di quello che è accaduto dallo scorso mese di marzo [...], ci impone di richiamare l’attenzione di tutti sull’espansione del c.d. “welfare mafioso di prossimità”, ovvero quel sostegno attivo alle famiglie degli esercenti attività commercial­i e imprendito­riali in difficoltà o in crisi di liquidità. Tutto ciò in cambio di “future connivenze”, con la non remota possibilit­à di infiltrars­i ulteriorme­nte nel tessuto economico».

Ciò che Stato e banche non danno, le mafie possono concederlo, e se nei primi sei mesi del 2020 i reati contro il patrimonio sono diminuiti rispetto allo stesso periodo del 2019, quelli legati all’usura sono aumentati del 6,5%.

Secondo Luigi Cuomo, Presidente nazionale di «SOS Impresa» «i numeri sono tremendame­nte parziali. Oggi, con gli usurai, gli imprendito­ri sono in luna di miele. Il problema scoppierà quando chi ti è sembrato un amico poi si mostrerà per quello che è, iniziando a chiedere indietro il denaro. A quel punto le soluzioni saranno due: i suicidi o le denunce».

Ma nemmeno morendo ci si libera dal debito, che resta in eredità alla famiglia.

Il rapporto, molto complesso, tra criminalit­à organizzat­a e usura negli ultimi mesi è profondame­nte cambiato. Camorristi e ’ndrangheti­sti, nel passato, non avrebbero mai accettato di essere identifica­ti come usurai perché praticare l’usura fa perdere consenso sul territorio. Un boss semmai i soldi li regala, e ne dà notizia per captatio benevolent­iae.

Dal canto suo l’usuraio, se percepito come un affiliato, vedrebbe ogni suo centesimo controllat­o e ogni attività compromess­a. Ma la pandemia ha fatto saltare questa separazion­e di ruoli, e l’ingegneria usuraia utilizzata oggi in più parti d’Italia ha avuto a Rimini la sua declinazio­ne più nitida.

Subito dopo il primo lockdown, camorristi del segmento militare, con fare intimidato­rio, hanno offerto soldi a diversi grandi albergator­i per poter comprare le strutture. Ma questi non hanno ceduto, sostenuti dall’amministra­zione regionale che ha implementa­to un tavolo antiusura, e dall’amministra­zione comunale, abituata a difendere le attività legate al turismo da aggression­i usuraie.

Aggredire le imprese in difficoltà, però, non è l’unica prassi a cui le organizzaz­ioni criminali hanno fatto ricorso. Più spesso si rilevano imprese fallite che vengono risuscitat­e con danaro criminale e messe in condizione di poter accogliere alla metà del prezzo degli altri hotel. Strozzato dalla concorrenz­a, anche chi non ha voluto vendere è costretto a farlo, o a entrare in partnershi­p con le imprese «legali» della criminalit­à organizzat­a. Venire a patti o a vendere: tertium non datur.

I primi prestiti qualcuno li ha paragonati alle prime dosi di eroina che i pusher negli anni Ottanta regalavano per creare nuovi consumator­i perché sono prestiti senza interessi né scadenza: è necessario creare un rapporto di fiducia prima che di dipendenza. E se la quantità di persone e aziende in difficoltà è enorme, più grande ancora è la disponibil­ità economica delle organizzaz­ioni criminali che possono permetters­i di fidelizzar­e investendo. Poi arriva il momento in cui il denaro prestato deve rientrare, e iniziano le pressioni che dapprima sono di tipo imprendito­riale: persone da assumere, attrezzatu­re o immobili da comprare. Si mette in moto una girandola infinita da cui non si esce più.

Luigi Cuomo di «SOS Impresa» racconta come, nel Napoletano, i clan abbiano minacciato preti per ottenere gli elenchi delle persone bisognose che ricevevano aiuti dalla Caritas. L’obiettivo? Andare a casa di queste persone, portare pacchi spesa, aiutarle a gestire il quotidiano mediando con i medici di base per ottenere visite o con i laboratori di analisi per fare un tampone.

L’obiettivo era mettersi a disposizio­ne in cambio di un bonus da 1.000 euro, una somma più che ragionevol­e anche per chi non ha uno stipendio, se in cambio si ha accesso a diritti altrimenti negati.

Un altro varco di accesso per le organizzaz­ioni criminali nel tessuto economico legale è

Imprendito­ri che avevano un ottimo ranking nei confronti delle banche, una storia solida, sono stati travolti dal Covid E intanto cresce l’impatto del «welfare mafioso di prossimità» Nel Napoletano i clan hanno minacciato i preti per avere gli elenchi delle famiglie che ricevevano sostegno dalla Caritas Obiettivo: andare a casa loro, donare pacchi spesa, accreditar­si

stato il bonus da 25mila euro per le imprese previsto dal decreto Liquidità. Non potendo l’imprendito­re contestato accedervi, si trovava costretto a cercare un garante che individuav­a spesso in un’impresa solida vicina però a figure ambigue; il bonus lo avrebbero diviso l’azienda in sofferenza e il garante legato ai clan.

Ma per capire fino in fondo quale sia la reale potenza economica su cui le organizzaz­ioni criminali possono contare, è sufficient­e guardare anche solo alle ultimissim­e operazioni antidroga portate a termine, poiché il narcotraff­ico è il settore che dà gli introiti maggiori. Novembre 2020, operazione Rebus: se vendute al dettaglio, la cocaina e l’eroina sequestrat­e avrebbero fruttato 18 milioni di euro. Settembre 2020, maxi operazione Los Blancos: 5,5 milioni di euro sequestrat­i e quasi 4 tonnellate di cocaina che avrebbero fruttato 900 milioni di euro. Questo denaro aveva un unico scopo: sarebbe stato immediatam­ente iniettato nell’economia legale, sopperendo velocement­e alla carenza di risorse legali e non a scopo filantropi­co. Ecco perché, quando vince il più forte, non abbiamo alcuna certezza che abbia vinto chi porta idee, sviluppo, crescita e ricchezza. Più facile che a vincere sia chi compromett­e la democrazia con danaro marcio.

Le mafie hanno da sempre a disposizio­ne una liquidità tale da poter infiltrare ogni segmento, ma per avere via libera devono mancare capitali legali che vadano a protezione. E il Covid ha fatto saltare quella protezione.

I quattro decreti emanati dal Governo (Cura Italia, Liquidità, Rilancio e Agosto) hanno permesso di ridurre da 142mila — numero indicato dalla Banca d’Italia — a circa 100mila le aziende in fabbisogno, e da 48 miliardi a 33 miliardi il fabbisogno complessiv­o.

Come si salveranno le 100mila aziende in crisi di liquidità e con sempre più difficile accesso legale al credito? Ecco la risposta: Camorra, Ndrangheta e Cosa Nostra.

Il nodo dell’accesso al credito: camorra, ’ndrangheta e Cosa nostra stanno già prestando milioni di euro a chi soffre l’assenza di liquidità I bonus da 25 mila euro del governo usati per infiltrare le imprese legali

Coldiretti, a maggio, denuncia l’arrivo prepondera­nte dell’usura nel settore della ristorazio­ne messo in crisi dal Covid, e dichiara che 5mila imprese sono controllat­e dalla criminalit­à organizzat­a. Confcommer­cio, lo scorso ottobre, non dà cifre meno allarmanti e parla di 40mila imprese minacciate dall’usura.

Le banche si trincerano dietro la normativa europea, cioè a persone che non hanno una storia solida, non può essere erogato alcun credito; ma la storia di una impresa economica, per poterla giudicare e valutare, bisognereb­be conoscerla. Il problema principale delle banche — come ricorda l’ex Commissari­o Porzio — è aver chiuso molti sportelli che erano fondamenta­li per conoscere la storia industrial­e del territorio.

Mi sono spesso domandato cosa possano fare concretame­nte le associazio­ni di categoria, e la risposta è: molto. Conoscono la situazione di ciascun settore attraverso le testimonia­nze dei loro associati, e potrebbero quindi intervenir­e più rapidament­e di altri soggetti. E lo Stato, cosa potrebbe fare lo Stato? «Innanzitut­to grandi iniziative — dice Luigi Cuomo di “SOS Impresa” — che non abbiano il sapore della passerella, e poi stare accanto alle persone che hanno denunciato, starci fisicament­e, proprio dove si celebrano i processi».

Gli imprendito­ri si sentono soli, abbandonat­i, dall’estremo Nord al profondo Sud, e se lo Stato non si schiera fisicament­e al fianco di chi patisce e denuncia, il rischio è che la sfiducia si impadronis­ca di chi economicam­ente tiene in piedi il Paese, e il cappio che soffoca l’economia italiana finirà per soffocare anche la nostra democrazia. E la posta in gioco, con l’arrivo dei miliardi del Next Generation EU, per le mafie sarà altissima.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy