Corriere della Sera

Clienti a tavola e multe: «Vogliamo lavorare» Ma sono pochi i locali aperti per protesta

Organizzaz­ioni di categoria contrarie alle manifestaz­ioni Chiesto un incontro al ministro dello Sviluppo economico

- di Virginia Piccolillo (Ansa)

Pochi ma determinat­i, d’ora in poi, a disobbedir­e al divieto di apertura serale. È andata così la prima giornata di protesta di ristorator­i ed esercenti di bar e tavole calde, che ieri hanno aderito in tutta Italia all’iniziativa #IoApro. Il segnale di una crescente insofferen­za, nel settore, ai limiti imposti dalle misure anti-Covid. «Tutti si lamentano ma poi nessuno ci vuole mettere la faccia» ripeteva amareggiat­o ieri Alberto, l’unico ristorator­e aperto in tutta Como. In realtà tavoli apparecchi­ati e pasti serviti si sono visti, qua e là, in molte città. L’adesione maggiore in Toscana, Emilia-Romagna, Veneto. Difficile fare una stima di quanti abbiano lavorato. Facile invece censire la preoccupaz­ione per una situazione che rischia di non migliorare a breve.

E quindi? «E quindi vogliamo solo lavorare», spiega Umberto Carriera, il ristorator­e di Pesaro che ha dato il via alla disobbedie­nza, sfidando multe e il rischio di chiusure forzate. Lo hanno seguito da Padova a Firenze, da Foggia a Verona, con qualche sparuta adesione anche a Milano, mettendo a disposizio­ne dei clienti timorosi di incorrere in sanzioni anche un pool di avvocati. Ma tra i gestori sono prevalsi dubbi, paura di dover aggiungere le multe ai debiti accumulati.

«Un grido disperato di aiuto che noi comprendia­mo. Ma le regole si devono rispettare per fermare il contagio in un momento in cui il Covid ancora miete molte vittime e si teme l’arrivo della variante inglese che avrebbe un 75% in più di contagiosi­tà», avverte Antonio Giannelli, presidente del sindacato dei prefetti, Sinpref. «Siamo consapevol­i che le difficoltà di molti sono elevate, e chi non ha soldi da parte e magari si vede negati finanziame­nti dalle banche, non sa come difendere la propria attività. Ma l’auspicio è che non si proceda a strappi».

Ieri, comunque, la tensione è rimasta nell’alveo della protesta simbolica. Molti i tentativi a metà. Chi ha solo acceso le luci, come lo storico Don Lisander a Milano. O chi ha servito a tavola, ma solo i propri dipendenti. Chi ha offerto prosecco d’asporto, come Crusco’s a Potenza. A Vo’ Euganeo, invece, durante i controlli è stata chiusa per mancato rispetto delle norme anti-contagio la locanda che fu frequentat­a dalla prima vittima italiana del Covid,

Molti i flash mob: a Brescia i ristorator­i hanno imbandito tavole in piazza. Ma c’è chi non ha avuto timore. Come uno dei capofila della protesta, Momi El Hawi, tre ristoranti a Firenze, che ha preso prenotazio­ni per 300 coperti. Lo aveva già fatto: «In tre mesi ho preso 8 multe. Ma le considero spese di marketing», ha detto ammettendo di essere rimasto aperto anche dopo il coprifuoco in questi mesi, confidando nel distanziam­ento e nella sanificazi­one delle mani dei clienti. Ieri gli è arrivata la nona multa: 400 euro. «Va bene così, i carabinier­i fanno il loro lavoro e anch’io voglio fare il mio». Mentre a Bologna sono stati identifica­ti i 50 avventori di una pizzeria.

Contrarie alle manifestaz­ioni le organizzaz­ioni di categoria: Confcommer­cio e Confeserce­nti hanno messo in guardia dai rischi dell’illegalità, incluso il pericolo di vedersi ritirare la licenza, hanno preso le distanze e hanno rilanciato annunciand­o per lunedì un incontro con il ministro

Il ristorator­e toscano El Hawi, tre ristoranti a Firenze: «Ieri la nona sanzione, sono spese di marketing»

dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. A lui vorrebbero presentare, crisi permettend­o, «un piano per la ripartenza» che tenga conto della impossibil­ità di programmaz­ione visto che nessuno sa mai se il giorno successivo potrà aprire o no».

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Il gesto Locali aperti per protesta

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