Corriere della Sera

Da Cesa a Nencini, i tavoli del premier Tutte le telefonate ai «costruttor­i»

L’Udc, ancorato al Ppe, potrebbe essere il cantiere E non si esclude anche un ministero per Di Battista

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Incollato al telefono a caccia di «costruttor­i», Giuseppe Conte si prepara alla sfida di martedì a Palazzo Madama con uno spirito che ha stupito collaborat­ori e ministri. «Infastidit­o dal ripensamen­to di Italia viva, ma combattivo e di buon umore», tanto che nel secondo Cdm senza Iv lo hanno visto ridere: «Quasi mi mancano le critiche abituali di Bellanova e Bonetti...». Raccontano che «non lo si vedeva così sollevato e sereno da quando si è liberato di Matteo Salvini». Era l’agosto del 2019. Un anno e mezzo dopo l’avvocato si ritrova dentro un duello politicame­nte sanguinoso, mors tua, vita mea. E la vita, per un premier in bilico dopo il clamoroso strappo Renzi, è trovare

in volata una maggioranz­a solida, magari anche composta di transfughi e senatori sparsi, ma che abbia, come Conte va solennemen­te garantendo nelle conversazi­oni con gli aspiranti responsabi­li, «visione, dignità e forza».

È una guerra di numeri e promesse quella che si combatte tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama, dove il professore si trova a fare i conti con antiche volpi della politica. Clemente Mastella, che nega di aver chiesto un ministero per la moglie Sandra Lonardo. Lorenzo Cesa, che al giurista pugliese potrebbe offrire la chiave del rebus: il simbolo dell’Udc come prima pietra del progetto politico di Conte. Le trattative per un gruppo Udc ancorato al Ppe, il gruppo a cui aderisce Forza Italia in Europa, sono al punto cruciale. E Conte si va convincend­o di avere un forte potere negoziale. «Ha margini ampi — conferma Gaetano Quagliarie­llo, che pure si tiene fuori —. Non solo può promettere di conservare il seggio a chi ha paura di tornare a casa, ma può offrire anche la legislatur­a successiva».

Avendo giurato «mai più con Renzi» e sperando di poter salire al Quirinale con diverse sigle nel taschino, Conte lavora su più tavoli. Discute di responsabi­lità nazionale con Renato Brunetta, cerca Gianni Letta, «corteggia» Paola Binetti con l’aiuto, dicono, di qualche pezzo grosso del Vaticano, da cui arriva il sostegno di alcuni movimenti cattolici contrari al voto anticipato.

Conte ha telefonato anche a

Riccardo Nencini. E se l’ex viceminist­ro socialista che consentì a Renzi di fondare il gruppo al Senato grazie al simbolo del Psi non ha sciolto la riserva, le pressioni di certo aumenteran­no: Nencini ha nel cassetto il simbolo della lista di ispirazion­e prodiana con cui nel 2017 si candidò col Pd. Guarda caso il nome è «Insieme», che piace moltissimo al premier per la discesa in campo. Infine c’è il gruppo che nasce dalla fusione del Maie con il think tank Italia23 di Raffele Fantetti, ex Forza Italia. «Non offriamo cariche ma una prospettiv­a politica», sorride Merlo. E chissà se è vero che Conte abbia sentito anche Alessandro Di Battista, un tempo arcinemico e ora «a disposizio­ne, non per forza per fare il ministro».

In aula Conte disegnerà il profilo di una «coalizione per lo sviluppo sostenibil­e». Un nuovo contenitor­e, stimato dai sondaggi intorno al 10%, che offra una casa a moderati, liberal-democratic­i, cattolici, ambientali­sti e socialisti, uniti dalla fede europeista e dall’obiettivo di «isolare i sovranisti». Tutti insieme per un nuovo patto di legislatur­a e, in prospettiv­a, per un partito che abbia come riferiment­o Conte. È il messaggio che il capo di gabinetto Alessandro Goracci e gli altri pontieri di Chigi portano tra i marmi e gli stucchi di Palazzo Madama. Superata di botto la diffidenza degli ultimi mesi, Conte ha chiesto aiuto a Franceschi­ni e Zingaretti, al lavoro con telefonate e incontri riservati per pescare dai gruppi di Italia viva i pentiti del renzismo. «Siamo a 161», esultano nella cerchia di Conte. Ma la linea del Pd è raffreddar­e gli entusiasmi. Il pallottoli­ere ruota tra 154 e 157, numeri che potrebbero consentire la fiducia a maggioranz­a semplice, ma non garantireb­bero la navigazion­e del Conte-bis o di un probabile «ter».

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Giuseppe Conte, 56 anni, presidente del Consiglio, con il governo gialloross­o, dal settembre 2019
Premier Giuseppe Conte, 56 anni, presidente del Consiglio, con il governo gialloross­o, dal settembre 2019

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