Ma Zingaretti incalza Palazzo Chigi: molti errori e lentezze, ora basta
Nel partito c’è il timore di schiacciarsi troppo sul premier Orlando: con un voto in più si evita la crisi, non si governa
9 i ministri che fanno riferimento al Partito democratico nel governo guidato da Giuseppe Conte
Per Nicola Zingaretti l’alleanza con Italia viva è un capitolo chiuso. Ma questo non vuol dire che il Pd sia disposto a seguire Giuseppe Conte sino alla fine, se la suddetta fine dovesse riguardare proprio il Partito democratico.
Perciò all’assemblea dei deputati dem il segretario, avvertendo anche gli umori dei suoi parlamentari, non dipinge un quadro idilliaco della situazione e non nega i difetti del governo: «Ci sono stati molti errori e molte lentezze. Ora non possiamo accettare tutto, abbiamo già dato da questo punto di vista». Come a dire che il Pd da adesso in poi cercherà di dettare l’agenda al premier e agli alleati perché non è più disposto a veder ignorate le proprie richieste:
«I nodi della verifica non sono ancora sciolti», sottolinea il segretario.
Ma nel Partito democratico c’è anche timore per il futuro. «Con un voto in più si può evitare la crisi, ma non si può certo governare», ammette il vicesegretario Andrea Orlando. Una preoccupazione condivisa dal capogruppo a Montecitorio Graziano Delrio, che dice: «Non dobbiamo avere l’ambizione di sopravvivere ma di ripartire». E anche Matteo Orfini la pensa così: «Non si governa con due voti di margine, va bene partire così per chiudere la crisi, ma occorre poi ragionare su come allargare. E il Pd deve lavorare per unire e ricostruire».
Un ragionamento comune a tutti, dunque, nell’assemblea, a cui qualcuno aggiunge una chiosa: occorre riallacciare anche i rapporti con Italia viva se si vuole un governo più forte. Lo fa Piero Fassino, per esempio. Ma altri seguono il suo esempio. Anche perché prevale la preoccupazione di finire stretti tra Conte e il Movimento Cinque Stelle, con un drappello di responsabili che sarà più incline ad ascoltare le ragioni del premier che quelle del Partito democratico. È un rischio, questo, che i dem vogliono evitare a tutti i costi. Nella riunione se ne discute. E nel corso del dibattito emerge un altro tema, spinoso anche questo, che desta non pochi timori: e se Conte, ci si chiede, si mettesse in testa veramente di fare il suo partito? Una forza capeggiata dal premier sottrarrebbe voti al Pd. E questo sarebbe senz’altro un problema: ha senso continuare a portare l’acqua al mulino del presidente del Consiglio? Insomma, è il monito di molti in quell’assemblea, bisogna assolutamente evitare di schiacciarsi troppo sul presidente del Consiglio. Ma secondo Orlando il Pd non ha motivo di temere la nascita del partito di Conte: «Darà più fastidio al Movimento Cinque Stelle che a noi», assicura il vicesegretario dem. E aggiunge: «Non solo, questo partito ci consentirebbe di recuperare il ruolo di rappresentanti della sinistra».
Sulla campagna acquisti nel Partito democratico c’è un certo scetticismo. I dem preferiscono non partecipare troppo attivamente alla caccia al responsabile. «Se ne occupa Conte con i suoi», spiegano al Pd, dove c’è un certo imbarazzo nell’avallare questa operazione, anche se, dicono i dem, «non si poteva fare altrimenti perché in questa fase Renzi è troppo inaffidabile e noi non possiamo consentirci una crisi di governo in piena pandemia».
Ma i dirigenti dem, sebbene preferiscano chiamarli «costruttori» si rendono ben conto che l’apporto dei responsabili, tanti o pochi che siano, ha poco a che fare con il «grande progetto di rilancio politico» di cui il Pd sta parlando in queste ore. Domani, comunque, i dem discuteranno anche di questo nella Direzione che Zingaretti ha voluto convocare alla vigilia di un passaggio parlamentare così delicato come quello di lunedì e martedì prossimi.
Improbabile che in quella sede ci siano voci in dissenso, perché tutti vogliono evitare la crisi, ma i dubbi e i timori che pervadevano l’assemblea di ieri dei deputati del Partito democratico, si affacceranno sicuramente anche nella riunione domenicale del parlamentino dem.