«L’Arma sia una casa di vetro» Luzi alla guida dei Carabinieri
Roma, il nuovo comandante generale: imparare dagli errori ci renderà migliori
Uno dei pensieri più profondi lo ha rivolto ai più giovani, «perché so che dovranno affrontare sfide insidiose, risparmiate alla mia generazione. Le imprese che si troverà a fronteggiare l’Arma saranno complesse e inedite, ma assieme rivolgeremo lo sguardo al futuro con serenità, per trasmettere ai cittadini ottimismo sociale e fiducia nelle istituzioni». Il nuovo comandante generale Teo Luzi, 61 anni, romagnolo di Cattolica, non nasconde che lo scenario che ci aspetta non è dei migliori. E lo fa dal palco nella caserma della Legione allievi carabinieri, nel cuore di Prati, davanti al premier Giuseppe Conte, nel giorno del suo insediamento in viale Romania.
Accanto a lui c’è il generale Giovanni Nistri, comandante uscente, che giovedì lo ha accompagnato al Quirinale per il saluto del Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella e poi ieri all’Altare della Patria e al Sacrario dei carabinieri. Commosso, al termine del discorso di commiato, Nistri stringe la mano a Luzi che aveva voluto come Capo di Stato maggiore e che ora prende il suo posto dopo tre anni al vertice dell’Arma.
Proprio Nistri ha firmato la circolare che limita a dieci anni il servizio dei marescialli comandanti nella stessa stazione: un’opportunità professionale in più, per tutti, soprattutto per i giovani sottufficiali, appunto, che qualcuno ha anche visto come una reazione alle vicende negative e alle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto alcuni carabinieri. Per questo Luzi, nell’intervento di insediamento, rimarca come l’Arma debba essere «una casa di vetro, abitata da uno spirito autentico di altruismo e rigore: non ignoro — aggiunge — i gravi fatti causati dal comportamento scellerato di carabinieri infedeli. Non dobbiamo guardare a queste vicende con indifferenza, ma imparare dagli errori. Accettare le critiche, anche quelle più pungenti, che ci devono rendere ancor più determinati nel migliorarci, affinché certi deplorevoli comportamenti siano repressi con rigore e, per quanto possibile, prevenuti». Perché, secondo Luzi, «l’Arma è e resterà il luogo che custodisce la fiducia degli italiani. Ne va della credibilità della nostra Istituzione, costruita in due secoli di storia, accompagnando la quotidianità degli italiani, anche nei periodi più difficili, come quello che stiamo vivendo, connotato dal senso di smarrimento causato dalla pandemia».
Un nemico mai incontrato prima: «Dall’inizio dell’emergenza sanitaria l’Arma non ha chiuso una sola stazione, contando ad oggi, oltre 7.600 contagiati e 20 caduti: un tributo espressione di una corale scelta istituzionale, condivisa dai carabinieri di ogni grado, consapevoli della necessità di raggiungere ogni cittadino, facendo sì che nessuno si sentisse abbandonato», sottolinea ancora il generale. Perché «questo è il volto dell’Arma, che ogni cittadino sa e vuole riconoscere, e senza il quale ogni risultato operativo, pur ragguardevole, diventa un’arida narrazione» e chi comanda «ha il dovere di accrescere sé stesso e le persone che dipendono dalle sue decisioni. Chiunque eserciti una funzione di comando — conclude Luzi — deve sentire la necessità di porsi in ascolto dei propri collaboratori, in un incessante dialogo per sostenerne l’entusiasmo, ma anche per controllarne la condotta, rimuovendo gli errori e ripristinando quel gratificante senso di appagamento che deriva dalla coscienza di aver compiuto il proprio dovere».
«Devono affrontare sfide insidiose che sono state risparmiate alla mia generazione»