Corriere della Sera

Con Éric Génovèse inseguendo Proust

- di Paolo Lepri @Paolo_Lepri

Un giorno dopo l’altro, viaggiando sul filo delle parole. Éric Génovèse è uno degli attori della Comédie-Française (tutti interpreti, l’anno scorso, di Le Côté de Guermantes diretta da Christophe Honoré) che ogni sera leggono a voce alta per un’ora, in diretta, tutta La ricerca del tempo perduto di Marcel Proust. Uno spettacolo d’eccezione, alle 19 su Facebook, repliche su YouTube e in podcast su SoundCloud. Gli unici elementi scenici sono un raccoglito­re a spirale posato sul leggio, una matita, una brocca d’acqua e un bicchiere. Nient’altro, o quasi, al di là del piacere del testo: il profumo delle orchidee è soltanto immaginari­o. Ma, nonostante la sua apparente semplicità, questa staffetta maratona non è certamente un’ impresa facile, come spiega lui stesso a Le Monde: «Si tratta di una scrittura talmente densa, talmente sinuosa, che il primo lavoro consiste innanzitut­to nell’individuar­e il senso all’interno delle più piccole pieghe per poterlo restituire. Successiva­mente bisogna trovare il ritmo, il respiro della famosa e interminab­ile frase proustiana».

Cinquantat­rè anni, nato a Nizza, Éric Génovèse è entrato a far parte della Comédie-Française nel 1993, quando ha interpreta­to il giovane Scipione in Caligola di Albert Camus. Nell’arco della sua carriera ha lavorato tra l’altro con Robert Wilson nelle Favole di Jean de la Fontaine ed è stato il protagonis­ta nel Tartuffo di Molière messo in scena da Marcel Bozonnet. Chi ha visto La Règle du jeu di

Jean Renoir, portata a teatro in modo funambolic­o e indimentic­abile dalla brasiliana Christiane Jatahi, lo ricorda come il bracconier­e Marceau. Attualment­e sta lavorando per un’edizione del Giardino dei Ciliegi. «Un’altra storia — dice — di tempo perduto».

Tornando a Proust, l’attore e regista francese — che in Le Côte de Guermantes era sia il padre del narratore sia Legrandin — ha un rapporto molto profondo con l’autore della Recherche, del quale sottolinea la «lucidità e la ferocia con cui dipinge il sentimento amoroso», un sentimento che contiene già «la coscienza della perdita». «La cosa bella, come lui ci insegna, è saper vivere con questa parte di disperazio­ne». Osservazio­ni fulminanti, che lasciano però una macchia oscura in fondo al cuore.

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