Conte e Pirlo i falsi opposti
Diversi per comunicazione e leadership ma il loro calcio ha anche punti di contatto
La prima volta che si sono trovati nello stesso spogliatoio alla Juventus, Antonio Conte ha esordito a modo suo: «È ora di smetterla di fare schifo!». Andrea Pirlo non ha fatto una piega, ma ha preso nota. E seguendo le regole, le urla, le interminabili lezioni video del capo in panchina, ha trascinato da leader in campo la Juventus verso il primo scudetto post Calciopoli, uno dei più importanti della sua storia. Poi per Pirlo ne sono arrivati altri due con Conte e uno con Allegri, prima dell’addio al calcio italiano. A quel punto la scintilla verso il nuovo mestiere di allenatore era già accesa. E per stessa ammissione di Andrea, è stato Conte ad accenderla.
Tutto vero, tutto bello, ma la prima volta da avversari aspetta un’altra scintilla scudetto. Da tutte e due le panchine. Perché c’è un Milan da inseguire, c’è un punto ottenuto in due partite come biglietto di presentazione in casa Inter. E c’è una continuità di risultati e di gioco da confermare, in quella della Juve. Se non lo avesse detto lo stesso Pirlo, in pochi troverebbero analogie in questa Signora rispetto a quella plasmata a immagine e somiglianza di Conte. E forse anche il fuoco di Antonio oggi non è più lo stesso di allora: fa luce, ma scalda meno. Dove sono nell’Inter e nella Juve la fame atavica, la rabbia agonistica e la cura maniacale dei dettagli tattici degli anni di Torino?
A tutte e due le squadre manca un giocatore come Pirlo,
è banale dirlo. Ma in entrambe, nonostante la qualità e la quantità dei giocatori a disposizione, non si vede nemmeno quello spirito dei pionieri pronti a ogni avventura, fino a oggi incarnato alla perfezione dal Milan di Pioli.
Pirlo non ha ancora la capacità di essere un capo indiscusso e anche temuto come Conte. Non è detto per forza che sia un limite, anche se gli errori di approccio sono già costati alla Juve diversi punti. E la famigerata capacità di Antonio di ribaltare la propria squadra (e in molti casi anche la partita) durante l’intervallo, fa sempre la differenza, come dimostrano i 30 gol segnati nel secondo tempo dall’Inter in 17 partite. La leadership di Pirlo si sta comunque evolvendo e la squadra sta crescendo in una stagione dove per tutti è difficile allenarsi,
dato che si gioca ogni tre giorni e il Covid può sempre stravolgere i piani.
Anche se la Juve difende con una linea a 4, il fatto che passi a 3 quando è in fase offensiva, rappresenta un motivo diretto di confronto con l’Inter, a partire dall’importanza degli incursori che devono invadere la trequarti avversaria. Ma i due 3-5-2 sono comunque diversi: è presto per dire se l’allievo Andrea è l’evoluzione del maestro Antonio. E se le sue idee sono davvero più «europee». Ma alla rigidità contiana che a volte sembra un limite e altre volte è una certezza, Pirlo contrappone il suo calcio «liquido», a tratti caotico in attacco e sempre alla ricerca di un punto di equilibrio in fase difensiva. Tra il bisogno di creatività dell’Inter e la necessità juventina di geometrie più solide si nasconde la scintilla scudetto. Se c’è un momento per accenderla, è adesso.