Corriere della Sera

E sullo sfondo la via istituzion­ale

- di Francesco Verderami

Ipartiti sono al bivio tra reset e default, tra la possibilit­à cioè di rilanciars­i e il rischio di eclissarsi. La crisi li ha colti, tranne rare eccezioni, divisi al proprio interno e privi di spinta propulsiva.

Il mandato esplorativ­o al presidente della Camera è una sorta di «tempo supplement­are» che Mattarella concede alle forze della maggioranz­a, ponendo di fatto Renzi davanti a una scelta: «Perché — come lui stesso riconosce — il Conte ter a novembre sarebbe stato un successo, mentre oggi somigliere­bbe a una sconfitta. Un governo istituzion­ale rappresent­erebbe invece un cambio di scenario. Non è una scelta facile, ma i margini ci sono». I margini li ha garantiti ieri il centrodest­ra, con la dichiarazi­one congiunta letta da Salvini e le parole rivolte al capo dello Stato dalla Meloni, convinta che questo Parlamento non sia in grado di esprimere un esecutivo forte e saldo, ma pronta a «valutare» un’altra soluzione se Mattarella la proponesse.

La leader di Fratelli d’Italia continuerà ovviamente a chiedere le urne fintanto che l’ipotesi del gabinetto istituzion­ale non si dovesse concretizz­are. E c’è più di un motivo se l’opposizion­e attende di verificare l’eventuale cambio di scenario. Non solo perché il capo dello Stato ha spiegato che non darebbe il suo benestare a «governi rabberciat­i». Ma anche perché la delegazion­e del centrodest­ra è andata alle consultazi­oni dopo aver saputo che la sera prima ci sarebbe stato un contatto tra il Quirinale e l’ex presidente della Bce.

Draghi a Palazzo Chigi vorrebbe dire anzitutto che i partiti, in modo bipartisan, hanno compreso la profondità della crisi di sistema, significhe­rebbe per loro accettare un esecutivo sostenuto dal

Parlamento ma preservato da manovre tattiche e di interdizio­ne: sarebbe un gabinetto che si incaricher­ebbe di realizzare un programma di pochi punti, prima di riconsegna­re il campo alla politica. Insomma Draghi, per dirla con Renzi, «sarebbe la safety car che rimette tutti in gioco». Ma per arrivare a una simile soluzione, sottolinea un esponente della Lega, «servirebbe la buona volontà anche dell’altro campo».

E dall’«altro campo» un autorevole dirigente del Pd ieri si è spinto a definire «importante l’apertura di Salvini» per un governo istituzion­ale. Per quanto i dem siano impegnati a ricompatta­re l’alleanza attorno a Conte, infatti, c’è la convinzion­e che questa soluzione possa «impantanar­si di nuovo fra qualche mese». Perciò Zingaretti sta insistendo su Forza Italia, così da rendere ininfluent­e Renzi in maggioranz­a. «Ma se l’operazione fallisse — spiegano nel Pd — tra i due mali non è escluso che si scelga il male minore». Cioè il governo istituzion­ale.

Il Nazareno formalment­e non contempla ancora l’opzione B, ha compreso il senso del ragionamen­to svolto da Mattarella all’incontro di giovedì, quel «confido nel vostro ruolo», che è di equilibrio e ricerca di un compromess­o tra gli alleati gialloross­i. «Ma così — sospira uno dei maggiorent­i democrat — ci stiamo logorando, stretti nella morsa tra Conte e Renzi». Un derby che finirebbe per essere vinto dall’uno o dall’altro. E il resto a far da spettatori.

Oltre a un problema di posizionam­ento, nel Pd c’è chi evidenzia in prospettiv­a un problema strategico: il Conte ter — senza una maggioranz­a allargata alle forze di centro — non garantireb­be i numeri per i due passaggi più importanti, cioè la riforma della legge elettorale e l’elezione del capo dello Stato. Questi erano (e restano) i capisaldi su cui è nata l’alleanza. E anche se Renzi garantisse la fiducia all’«avvocato del popolo», finendo così definitiva­mente nel cono d’ombra, non è detto che poi farebbe passare la proporzion­ale o un nome per la corsa al Quirinale. In più resterebbe l’incognita della lista Conte, che — come ha detto il pd Borghi — «ci farebbe fare la fine del Partito socialista francese». Si capisce, quindi, perché non viene scartata l’ipotesi del «male minore».

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Giuseppe Conte, 56 anni, ha guidato due governi: uno con M5S e Lega, l’altro con M5S, Pd, Leu e Iv
Dimissiona­rio Giuseppe Conte, 56 anni, ha guidato due governi: uno con M5S e Lega, l’altro con M5S, Pd, Leu e Iv

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