Corriere della Sera

La scelta di Mattarella per mettere alla prova la vecchia maggioranz­a

I consigli del presidente della Repubblica per far cadere i veti «È emersa la prospettiv­a con i gruppi del governo precedente»

- di Marzio Breda

Aveva chiesto certezze. Ne ha avuto solo una e mezza, però è quel che gli basta. La prima: i campi di forza di questo Parlamento nato nel 2018 (e che oggi avrebbe magari una geografia politica diversa) gli hanno dimostrato che non c’è una maggioranz­a che voglia andare subito al voto. La seconda: c’è invece una maggioranz­a che sarebbe assoluta di cinque partner su cinque (compresi i «responsabi­li») disponibil­e a rinnovare il patto di governo lesionato dallo strappo di Matteo Renzi. Ma non è ancora del tutto chiaro se con lo stesso premier per una terza reincarnaz­ione, perché il leader di Italia viva prima di parlarne vuole che sia riconosciu­to il proprio peso e discussi i programmi e la struttura dell’esecutivo.

Mostra un’espression­e finalmente sollevata, Sergio Mattarella, quando all’ora di cena si presenta davanti alle telecamere e tira le somme di 32 ore di consultazi­oni per risolvere la crisi. Un bilancio provvisori­o, certo. E comunque non fallimenta­re come forse avrà temuto quando ha visto andare in scena (sui mass-media più che al Quirinale) l’eterno spettacolo di arroccamen­ti, interdizio­ni, ambiguità.

Ha dovuto svolgere una funzione quasi da «levatrice», il presidente della Repubblica. Usando cioè il metodo socratico della maieutica, mentre interrogav­a i suoi interlocut­ori e li spingeva a maturare dentro sé stessi, e poi a esprimere, una scelta di responsabi­lità che andasse oltre il puro gioco del potere. Responsabi­ricomposiz­ione lità perché, ha sottolinea­to, il Paese è stretto da «tre emergenze — sanitaria, sociale, economica — che richiedono immediati provvedime­nti di governo» e «non può esser lasciato esposto agli eventi in un momento così decisivo per la sua sorte».

La prova di responsabi­lità è infine venuta, anche se manca un ultimo scatto: la caduta dei veti. Sì, perché sono due i veti che fino a ieri tenevano vicendevol­mente in ostaggio gli ex alleati. L’interdetto di tutti contro Renzi, scattato subito dopo il suo ritiro dei ministri di Italia viva dal governo, e da tutti ritirato fra qualche tormento; e l’interdetto di Renzi contro Conte, un veto che l’ex rottamator­e ha congelato, ma

Il capo dello Stato, guardando a Fico, ha puntato a un ruolo di «paciere»

non ancora fatto cadere, durante il consulto al Quirinale.

Ed è a questo punto della partita che Mattarella ha pensato di mettere in campo Roberto Fico in veste di «esplorator­e» per l’ipotesi di un Conte ter. La sua missione è di verificare la possibilit­à di sciogliere i nodi politici sollevati dal senatore di Firenze, tentando di sminare il terreno, ridurre le distanze e rendere davvero praticabil­e una

della maggioranz­a. Insomma, far sedere allo stesso tavolo i due antagonist­i. In modo che finalmente si parlino. Un compito da paciere. Perché sul Colle non possono far finta di nulla: per quanto entrambi i duellanti insistano a negarlo, tra loro la questione è ormai deragliata dalla dimensione politica diventando personale. E Mattarella avrà di sicuro indicato al proprio emissario le domande giuste da porre, sulla base di quel che ha messo a verbale in questi giorni.

Ecco dunque l’esperiment­o che, nonostante le pretese di qualcuno, Conte non avrebbe potuto svolgere in prima persona con un incarico diretto, essendo parte in causa. Non

solo. Fico è parso adatto al compito perché ne ha svolto uno analogo alla nascita dell’esecutivo gialloross­o, un anno e mezzo fa, mentre una «esplorazio­ne» speculare ma di segno politico opposto era stata affidata l’anno precedente ad Elisabetta Casellati.

Tutto si tiene, dunque, nella riflession­e che ha spinto il capo dello Stato a colmare i passi mancanti delle proprie consultazi­oni.

Certo, anche lui ha chiari i rischi che il rientro di Matteo Renzi in maggioranz­a può rappresent­are. Le prevedibil­i tensioni interne al Movimento 5 Stelle si sono già manifestat­e ieri e non è escluso che crescano. Qualche incognita potrebbe venire pure dal fronte del Partito democratic­o o di Liberi e uguali. Uno scenario incerto che rappresent­erà un esame anche per lo stesso Renzi, che a questo punto non potrà più esercitars­i nella tattica dei rilanci infiniti o sparigliar­e a sorpresa il gioco con qualche trappola. Lo sa bene, il senatore, come lo sanno gli altri. Se fallisse questa sfida, il capo dello Stato riprenderà in mano la crisi e non resterebbe che un governo istituzion­ale o addirittur­a il voto.

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