Corriere della Sera

I timori del premier che spera nel ter Ma teme che i partiti vogliano indebolirl­o

Mandato a Fico accolto da Palazzo Chigi con «rispetto» La preoccupaz­ione che il sì renziano possa costare caro

- Monica Guerzoni

Nessuno ha fatto salti di gioia nelle stanze di Palazzo Chigi ed è comprensib­ile, dopo le speranze di ricevere l’incarico che diversi ministri e qualcuno tra i maggiorent­i del Pd avevano instillato nell’animo di Giuseppe Conte. L’avvocato ha accolto il mandato esplorativ­o a Roberto Fico con rispetto e delusione, pari almeno al sollievo perché la scelta è caduta su una personalit­à dei 5 Stelle. Il premier dimissiona­rio stima molto il presidente della Camera ed è cautamente fiducioso sull’esito delle interlocuz­ioni che la terza carica dello Stato avrà, da qui a martedì, con i leader delle forze politiche della maggioranz­a.

Il dilemma di Conte resta lo stesso: Matteo Renzi. La telefonata che giovedì in extremis ha fatto al fondatore di Italia viva ha riaperto un canale di comunicazi­one. Ma per quanto nelle ultime ventiquatt­r’ore i ministri e lo stesso premier dimissiona­rio abbiano ricevuto dai renziani «molti segnali di pace», la strada verso un Conte ter resta un vicolo stretto e poco illuminato. Il primo a saperlo è lui, ancora scottato dai quei 24 minuti di «comizio» con cui Renzi, dal Colle più alto, gli ha dato del populista alla disperata ricerca di voti in Parlamento.

Pontieri e ambasciato­ri si sono rimessi freneticam­ente al lavoro e quello che arriva a Palazzo Chigi è un mix di segnali distensivi e richieste minacciose. Conte è rimasto colpito quando gli hanno detto che i renziani stimano un suo terzo governo al 50% delle possibilit­à e teme che il senatore di Rignano, che gli chiede discontinu­ità nel merito e nel metodo, possa in ogni momento rovesciare il tavolo. Goffredo Bettini non fa che ripetergli che «Renzi non potrà tirare più di tanto la corda, altrimenti si spezzerà». E anche

Vito Crimi gli ha garantito la «granitica lealtà» del Movimento. Al Quirinale il messaggio del capo politico reggente è stato netto: se il mandato di Fico porta a Conte, bene, altrimenti il M5S non ci sta. E così Conte non dispera, ma si chiede se riuscirà a fare tutte le concession­i che i partiti si aspettano da lui. «Renzi ti presenterà un conto salato», lo hanno avvisato i mediatori, elencando Bonafede, Gualtieri, Azzolina e De Micheli come alcuni dei ministri da rinnovare nel «grande rimpasto» che si prospetta. E se i dem si dicono convinti che «Renzi ne spara quattro per ottenerne due», uno magari per Maria Elena Boschi, l’elenco delle pretese non è finito. Si parla del ridimensio­namento del commissari­o Domenico Arcuri e del silurament­o del portavoce Rocco Casalino, che però Ettore Rosato smentisce: «Non lo abbiamo mai chiesto».

D’altronde Conte, non avendo trovato i senatori «volenteros­i» che servirebbe­ro per neutralizz­are Renzi, non ha molte frecce al suo arco. Se non la compattezz­a dei partiti, tre su quattro, che per ora hanno deciso di blindarlo. Il Pd sostiene «con fiducia e lealtà» lo sforzo di Mattarella per risolvere la crisi e si augura che Renzi «sia conseguent­e». Ieri ci è mancato poco che saltasse tutto, per gli attacchi dei 5 Stelle sulla sua conferenza in Arabia Saudita. Il Movimento è dilaniato e aver perso la ritrovata alleanza con Alessandro Di Battista è un altro ostacolo che Conte non può sottovalut­are. Molti parlamenta­ri 5 Stelle gli rimprovera­no di aver buttato un mese alla vana ricerca di «costruttor­i» e i «big» gli avrebbero detto, in buona sostanza, «ora sei in debito anche con noi». Il rischio per l’avvocato è che i partiti vogliano sì lasciarlo a Palazzo Chigi, ma ridimensio­nando molto il suo potere. E magari forzando la mano perché accetti la formula dei due vicepremie­r. Anche così si spiega perché anche ieri, a margine del Cdm, Conte si sia fermato a parlare di elezioni.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy