«In Arabia un Rinascimento» Bufera sulla visita al principe Calenda: testimonial del regime
A metà pomeriggio, di fronte all’infuriare delle polemiche, Matteo Renzi cerca di mettere la sordina con una promessa via video: «Prendo l’impegno: sono pronto a discutere con tutti i giornalisti in conferenza stampa dei miei incarichi internazionali, delle mie idee sull’Arabia Saudita, del futuro della Pace di Abramo, del Medio Oriente, ma lo facciamo la settimana dopo la crisi di governo».
Così il leader di Italia viva cerca di sottrarsi alle critiche che lo hanno investito dopo che si è saputo che nei giorni scorsi è stato in Arabia Saudita, regime teocratico che nega diritti alle donne e prevede la pena di morte per gli omosessuali, ospite del principe saudita Mohammed bin Salman, 31 anni, detto «Mr. Everything», perché gestisce tutto, dalla Difesa all’Economia, per una conferenza, retribuita diverse migliaia di dollari, sul futuro delle città.
Una visita in un Paese che secondo Renzi potrebbe ospitare il «nuovo Rinascimento» e che ha un costo del lavoro «da fare invidia».
Duro l’attacco del leder di Azione Carlo Calenda: «Ritengo inaccettabile che un senatore della Repubblica pagato dai cittadini vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi».
Ma per alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, il viaggio in terra araba non è stato solo inopportuno. Il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano parla di «conflitto di interessi». Quindi lo stesso esponente pentastellato annuncia che è stata «revocata la vendita di 12.700 bombe all’Arabia Saudita autorizzate nel 2016 da Renzi». Infine aggiunge: «Sono estremamente felice del percorso fatto per
L’ex premier si difende: «Pronto a spiegare tutto, ma dopo la crisi di governo»
bloccare una vergogna lasciataci in eredità da Matteo Renzi ai tempi del suo mandato da premier, la maxi commessa da oltre 20 mila bombe all’Arabia Saudita nel 2016».
Ne nasce una baruffa polemica con il collega sottosegretario (dimissionario) renziano Ivan Scalfarotto. E cercano di inserirsi, assieme al deputato di Leu Stefano Fassina («Renzi è a libro paga di un regime»), anche altri parlamentari del M5S.
Ma a far capire ai colleghi di partito che non è il caso di insistere, pur su un tema da sempre caro al Movimento, è Luigi Di Maio: «Non è questo il momento delle polemiche, è inaccettabile incendiare il clima in queste ore mentre il presidente della Repubblica sta gestendo un momento complicatissimo».
Diritti umani e ragioni di opportunità, è il senso del messaggio, devono attendere, prima c’è da risolvere la crisi di governo.