Romani, l’arte del consigliere «Conte? Riconosce le trappole»
L’ex forzista, ora con Toti, si confronta con il premier: sa ascoltare, ma qui basta un granello e salta tutto
Cerchiamo notizie sotto una pioggerella intermittente: si va per vicoli e piazzette tra Montecitorio e Palazzo Madama, l’aria è umida ma ad essere gelido è il colpo d’occhio che scorre sulle saracinesche abbassate, chiuse le boutique e chiusi i ristoranti, tavolini e sedie accatastati fuori dai bar, il rumore dei passi sui sampietrini di pochi frettolosi passanti, gabbiani immobili.
Bisognerebbe raccontare questa crisi economica e umana, sociale, e invece dobbiamo stare dietro a una crisi politica, a quelli che non riescono a mettersi d’accordo per darci un governo.
I commessi del Senato poi ti guardano come si guarda un mattacchione. Vuol salire? Ma lo sa, non c’è nessuno. E in effetti come ogni venerdì il Senato della Repubblica è deserto, vuoto il Salone Garibaldi, vuota la buvette, potresti andarti a sedere al posto della Presidente Casellati e farti un selfie. Se ne sono tornati tutti a casetta, i senatori, e ricompariranno martedì, o mercoledì, vediamo un po’ come va questo giro esplorativo di Roberto Fico.
Dall’uscita di via degli Staderari sbuca fuori Paola Binetti, in cardigan e senza foulard, con il rischio di beccarsi un mal di gola ma almeno non la solita muta di fotografi e cameraman: l’operazione «responsabili» è infatti fallita miseramente e ormai a dire di essere stato contattato dai negoziatori di Giuseppe Conte c’è rimasto solo il forzista Luigi Cesaro detto Giggino a’ Purpetta — per camorra, lui indagato e i suoi tre fratelli arrestati.
Subito dopo la Binetti ecco però Paolo Romani, perché poi quelli veri e seri sul pezzo ci restano fino all’ultimo. Romani — 73 anni che non si direbbero, aspetto impeccabile, garbo naturale, fama di equilibrato — dopo aver fondato televisioni locali e inventato programmi cult, ma mai un’ora in Fininvest, è ormai un quarto di secolo che frequenta il Parlamento e per lungo tempo lo ha fatto con FI, sempre vicino, e leale, al Cavaliere, e quindi per riflesso potente e temuto in ogni ruolo: capogruppo, sottosegretario, vice-ministro e ministro dello Sviluppo economico; adesso sta con Cambiamo, il partitino che s’è inventato Giovanni Toti, ma è rimasto nel giro che conta, il talento del mediatore s’è tutt’altro che sbiadito, i cronisti sanno che due chiacchiere con Romani è sempre meglio farsele.
«Però io sto nel centrodestra. E, quindi, posso dirle poco».
Mi dica quel poco.
«Il Presidente Fico sarà incaricato di fare un giro di esplorazione, con un compito preciso: accertare che tra i vari partiti non vi siano veti su Renzi e Italia viva».
Cioè: Renzi, che ha lasciato spontaneamente il governo, adesso vuol farsi dire che può rientrare.
«Lo so. Può apparire bizzarro, ma è così». Continui.
«Una volta che Fico verifica l’assenza di dischi rossi nei confronti di Renzi, risale al Quirinale e riferisce al Capo dello Stato. Che, a quel punto, convoca Conte, conferendogli un “incarico politico”. Un minuto dopo, si apre la partita per comporre il nuovo governo».
Aspetti, passo indietro. Nel frattempo Conte dovrebbe però continuare a chiarirsi — diciamo privatamente — con Renzi.
«Una prima telefonata c’è già stata, ed è un grosso passo avanti. Poi, ovvio: siamo dentro un percorso stretto e fragile. Basta un granello che finisce nel posto sbagliato, e buonanotte, salta tutto». le.Tipo qualche grillino ribel
«Appunto. Bisogna sminare. Per riuscirci serve cautela. E un po’ di mestiere».
Lei ha tutta l’aria di uno che sa molto (Romani, a questo punto, non riesce a trattenere una smorfia che è una specie di sorriso).
Lei e Conte vi sentite. «Ma no...».
Ma sì.
«Guardi: ogni tanto mi chiede quello che penso. Però di questo non l’autorizzo a scrivere nulla. Perché se si scopre che Conte ha rapporti con il nemico, lei capisce: può esplodere un bel casino».
A me invece sembra ragionevole che Conte chieda consigli a lei e a Massimo D’Alema: del resto, se Conte si volta, il primo che trova è Rocco Casalino.
«In realtà, se si volta trova il suo capo di gabinetto, Alessandro Goracci. Che è preparato. E un po’ di scena politica sa inquadrargliela».
Come le è sembrato, Conte, in queste ore?
«È cresciuto, rispetto a due anni fa. Capisce i meccanismi, intuisce le trappole».
Ha intuito che corre il rischio concreto di non tornare a Palazzo Chigi?
«Sì, penso lo sappia bene». Qual è la qualità migliore di Conte?
«Ne ha due: è molto educato, e sa ascoltare».
Anche Berlusconi sembra ascolti molto.
«Il Berlusconi che ho frequentato io, genio assoluto, doveva sorbirsi i pistolotti di tutti quelli che volevano mettersi in mostra...».
Una volta, ai bei tempi di Palazzo Grazioli, luci sempre accese e soubrette di passaggio, il barboncino Dudù che saltava sui divani, Renato Brunetta andava molto per le lunghe, e stava lì a ribattere, a polemizzare. Lo Zio Silvio ascoltava paziente. Denis Verdini fu invece colto da un raptus nervoso, una botta di follia, e così — grande e grosso — afferrò all’improvviso Brunetta, lo alzò di peso e lo scosse, per interminabili istanti, nell’aria.