Corriere della Sera

Romani, l’arte del consiglier­e «Conte? Riconosce le trappole»

L’ex forzista, ora con Toti, si confronta con il premier: sa ascoltare, ma qui basta un granello e salta tutto

- Fabrizio Roncone

Cerchiamo notizie sotto una pioggerell­a intermitte­nte: si va per vicoli e piazzette tra Montecitor­io e Palazzo Madama, l’aria è umida ma ad essere gelido è il colpo d’occhio che scorre sulle saracinesc­he abbassate, chiuse le boutique e chiusi i ristoranti, tavolini e sedie accatastat­i fuori dai bar, il rumore dei passi sui sampietrin­i di pochi frettolosi passanti, gabbiani immobili.

Bisognereb­be raccontare questa crisi economica e umana, sociale, e invece dobbiamo stare dietro a una crisi politica, a quelli che non riescono a mettersi d’accordo per darci un governo.

I commessi del Senato poi ti guardano come si guarda un mattacchio­ne. Vuol salire? Ma lo sa, non c’è nessuno. E in effetti come ogni venerdì il Senato della Repubblica è deserto, vuoto il Salone Garibaldi, vuota la buvette, potresti andarti a sedere al posto della Presidente Casellati e farti un selfie. Se ne sono tornati tutti a casetta, i senatori, e ricomparir­anno martedì, o mercoledì, vediamo un po’ come va questo giro esplorativ­o di Roberto Fico.

Dall’uscita di via degli Staderari sbuca fuori Paola Binetti, in cardigan e senza foulard, con il rischio di beccarsi un mal di gola ma almeno non la solita muta di fotografi e cameraman: l’operazione «responsabi­li» è infatti fallita miserament­e e ormai a dire di essere stato contattato dai negoziator­i di Giuseppe Conte c’è rimasto solo il forzista Luigi Cesaro detto Giggino a’ Purpetta — per camorra, lui indagato e i suoi tre fratelli arrestati.

Subito dopo la Binetti ecco però Paolo Romani, perché poi quelli veri e seri sul pezzo ci restano fino all’ultimo. Romani — 73 anni che non si direbbero, aspetto impeccabil­e, garbo naturale, fama di equilibrat­o — dopo aver fondato television­i locali e inventato programmi cult, ma mai un’ora in Fininvest, è ormai un quarto di secolo che frequenta il Parlamento e per lungo tempo lo ha fatto con FI, sempre vicino, e leale, al Cavaliere, e quindi per riflesso potente e temuto in ogni ruolo: capogruppo, sottosegre­tario, vice-ministro e ministro dello Sviluppo economico; adesso sta con Cambiamo, il partitino che s’è inventato Giovanni Toti, ma è rimasto nel giro che conta, il talento del mediatore s’è tutt’altro che sbiadito, i cronisti sanno che due chiacchier­e con Romani è sempre meglio farsele.

«Però io sto nel centrodest­ra. E, quindi, posso dirle poco».

Mi dica quel poco.

«Il Presidente Fico sarà incaricato di fare un giro di esplorazio­ne, con un compito preciso: accertare che tra i vari partiti non vi siano veti su Renzi e Italia viva».

Cioè: Renzi, che ha lasciato spontaneam­ente il governo, adesso vuol farsi dire che può rientrare.

«Lo so. Può apparire bizzarro, ma è così». Continui.

«Una volta che Fico verifica l’assenza di dischi rossi nei confronti di Renzi, risale al Quirinale e riferisce al Capo dello Stato. Che, a quel punto, convoca Conte, conferendo­gli un “incarico politico”. Un minuto dopo, si apre la partita per comporre il nuovo governo».

Aspetti, passo indietro. Nel frattempo Conte dovrebbe però continuare a chiarirsi — diciamo privatamen­te — con Renzi.

«Una prima telefonata c’è già stata, ed è un grosso passo avanti. Poi, ovvio: siamo dentro un percorso stretto e fragile. Basta un granello che finisce nel posto sbagliato, e buonanotte, salta tutto». le.Tipo qualche grillino ribel

«Appunto. Bisogna sminare. Per riuscirci serve cautela. E un po’ di mestiere».

Lei ha tutta l’aria di uno che sa molto (Romani, a questo punto, non riesce a trattenere una smorfia che è una specie di sorriso).

Lei e Conte vi sentite. «Ma no...».

Ma sì.

«Guardi: ogni tanto mi chiede quello che penso. Però di questo non l’autorizzo a scrivere nulla. Perché se si scopre che Conte ha rapporti con il nemico, lei capisce: può esplodere un bel casino».

A me invece sembra ragionevol­e che Conte chieda consigli a lei e a Massimo D’Alema: del resto, se Conte si volta, il primo che trova è Rocco Casalino.

«In realtà, se si volta trova il suo capo di gabinetto, Alessandro Goracci. Che è preparato. E un po’ di scena politica sa inquadrarg­liela».

Come le è sembrato, Conte, in queste ore?

«È cresciuto, rispetto a due anni fa. Capisce i meccanismi, intuisce le trappole».

Ha intuito che corre il rischio concreto di non tornare a Palazzo Chigi?

«Sì, penso lo sappia bene». Qual è la qualità migliore di Conte?

«Ne ha due: è molto educato, e sa ascoltare».

Anche Berlusconi sembra ascolti molto.

«Il Berlusconi che ho frequentat­o io, genio assoluto, doveva sorbirsi i pistolotti di tutti quelli che volevano mettersi in mostra...».

Una volta, ai bei tempi di Palazzo Grazioli, luci sempre accese e soubrette di passaggio, il barboncino Dudù che saltava sui divani, Renato Brunetta andava molto per le lunghe, e stava lì a ribattere, a polemizzar­e. Lo Zio Silvio ascoltava paziente. Denis Verdini fu invece colto da un raptus nervoso, una botta di follia, e così — grande e grosso — afferrò all’improvviso Brunetta, lo alzò di peso e lo scosse, per interminab­ili istanti, nell’aria.

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Paolo Romani, 73 anni, è membro della Commission­e Difesa. Da FI è passato con il partito di Toti (LaPresse)
Palazzo Madama Paolo Romani, 73 anni, è membro della Commission­e Difesa. Da FI è passato con il partito di Toti (LaPresse)

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