Corriere della Sera

«Tutti curiamo i pazienti: inaccettab­ile discrimina­re»

- M.D.B.

«È una vera discrimina­zione», si erge a paladino dei medici privati «puri», Mario Morbidi, 67 anni, ortopedico in una clinica romana dove svolge la libera profession­e.

Discrimina­to perché?

«I medici sono medici e basta. Non ci dovrebbe essere distinzion­e tra quelli che lavorano nel servizio pubblico e chi non ne fa più parte, come me che ho passato metà della mia vita da ospedalier­o e posso immaginare cosa significa stare in reparto e gestire l’attività chirurgica in un periodo di grande emergenza. Però...»

Però?

«Tutti noi, anche fuori dall’ospedale stiamo a contatto stretto con i pazienti dunque possiamo contagiarl­i ed esserne contagiati pur adottando tutte le precauzion­i. Non escludo che in questo atteggiame­nto ci sia qualcosa di ideologico: non voler considerar­e il privato sullo stesso piano del pubblico. Eppure si è visto come in tante situazioni l’appoggio di questo settore si sia rivelato indispensa­bile. Poi quando leggo che centinaia di migliaia di furbetti e amministra­tivi che sono seduti alla scrivania avrebbero goduto del privilegio della vaccinazio­ne, resto davvero senza parole».

Da quanto tempo aspetta la prima dose?

«Mi sono subito iscritto appena è stato possibile all’elenco aperto all’inizio di gennaio nella casa di cura dove lavoro che è poi confluito nel listone organizzat­o dall’ordine dei medici chirurghi di Roma. E mi dicono che qui nel Lazio siamo meglio organizzat­i che altrove».

Cosa farà?

«Spero qualcuno prima o poi si ricordi che noi siamo fra le priorità. Riconosco che ci siano state difficoltà di forniture però adesso basta essere considerat­i ultimi degli ultimi».

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L’ortopedico Mario Morbidi, 67 anni, ortopedico in una clinica romana

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