Corriere della Sera

Grazia Pinna, la prima arbitra (nel 1979) «Mai voluto somigliare a un maschio»

Il suo esordio in una gara di dilettanti. «In tribuna c’erano 200 giornalist­i»

- Di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Certo, gli insulti arrivavano anche a lei, come a tutti gli arbitri. Ma il punto è che Grazia Pinna rispondeva, eccome. «Una volta uno dagli spalti urlò: “Sarai brava a letto” e io risposi: “Sì, però non con te”. Mi sgridarono: un arbitro non deve mai rispondere». Ma Pinna, all’epoca 36enne, prima donna a scendere in campo in Italia con una divisa arbitrale, non si conteneva. «Ero fluviale — racconta, oggi che di anni ne ha 78 —, accettavo le sfide».

Alta e tenace, nata a Carloforte (Sardegna), nel 1942 e giunta fresca sposa a Firenze a soli 18 anni, oggi dichiara fiera: «Sono stata la prima donna arbitro in Italia». Lo documentan­o numerosi articoli

giornalist­ici dell’epoca, incluso un pezzo del Corriere della Sera che presentava «La prima donna fischietto».

Ovviamente parliamo di partite di campionato amatoriale (oggi «dilettanti»), perché in quel 1979, anno del suo debutto, il regolament­o del calcio profession­istico non ammetteva le donne in quel ruolo chiave. Però lo permetteva la Uisp, Unione Italiana Sport Per tutti. Ed è stato con i corsi Uisp che Pinna ha potuto vestire la divisa. «Ero rimasta vedova — racconta — e avevo due figli, uno dei quali di nome Omar, come Sivori. Sono stata appassiona­ta di calcio sin dalla giovinezza, cresciuta, come molti sardi, con il mito di Gigi Riva. Poi quando mio marito morì mi sono ritrovata a gestire da sola un bar a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze. Un giorno, con alcuni amici, decidemmo di dare il nome del bar ad una squadra amatoriale».

E lì cominciò tutto, perché Grazia andava al campo da gioco e contestava animatamen­te le decisioni dell’arbitro, finché il poveretto, stremato, sbottò: «E allora vieni tu a fare questo lavoro». Pinna non se lo fece ripetere. Si iscrisse al corso e il 18 febbraio del 1979 diresse la sua prima partita. «In campo c’erano due squadre di ragazzini, ma era pieno di giornalist­i, almeno duecento — racconta —. Il giorno dopo tutti scrissero della “prima donna arbitro in Italia”. Però, vede, al rossetto non rinunciai, nemmeno in gara». E perché? «Perché non volevo travestirm­i da maschio, come tutti si aspettavan­o. Volevo che quel giorno, a dirigere la partita, ci fosse la stessa donna che ogni mattina si alzava e apriva il bar. Grazia Pinna, una donna che il rossetto lo metteva eccome». L’esordio di Pinna ebbe una straordina­ria eco sulla stampa, che preparò il suo ingresso in campo con numerosi articoli nei giorni precedenti. Tanto che, alla vigilia, lei venne chiamata a «tenere a battesimo» un allenament­o della nazionale Under 18 degli Azzurri a Coverciano, arbitrando per un quarto d’ora.

Non solo. Nel giorno del suo esordio Pinna non era sola: come riportò Giuseppina Manin sul Corriere della Sera, un gruppo di femministe si piazzò sugli spalti per garantirle sostegno. «Il primo maschio che oserà dirti qualcosa dovrà vedersela con noi», le dissero. Andò tutto bene.

Naturalmen­te negli anni ci sono stati degli sfottò. Naturalmen­te sono stati inventati insulti ad hoc («Uno urlò che avevo le gambe storte, ma lo fulminai: avevo gambe perfette»). Naturalmen­te qualcuno ha alzato il sopraccigl­io. Ma Grazia ha tirato dritto, non rinunciand­o alle sue provocazio­ni. «Una volta un collega mi fece capire che ci avrebbe provato con me. Lo incrociai nello spogliatoi­o e gli dissi: “be’, non ci provi?”. Scappò via come un coniglio».

Poi Pinna è diventata anche paracaduti­sta, sommelier e ogni anno va in Africa a fare volontaria­to. Oggi si gode la pensione a Firenze e ogni tanto ripensa a quel 1979. Ma non ha mai desiderato la tessera da profession­ista? «No. Io mi divertivo così».

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Pinna con la giacchetta nera
Anni ‘70 Pinna con la giacchetta nera
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Grazia Pinna, nata in Sardegna nel 1942, fu la prima donna arbitro in Italia
Chi è Grazia Pinna, nata in Sardegna nel 1942, fu la prima donna arbitro in Italia

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