Zanotti, la crisi e gli stivali di Gaga: in pericolo c’è tutto il made in Italy
Per Lady Gaga lui è semplicemente «Giù». Miss Germanotta ha chiamato Giuseppe Zanotti per chiedere un paio di stivaletti bianchi con super-zeppa (16 cm) da indossare prima di salire sul palco alla cerimonia di insediamento di Joe Biden. «Li abbiamo realizzati in tre giorni». Un tempo lo stilista romagnolo si sarebbe inorgoglito, ora si impensierisce. A incupirlo non è solo il futuro della sua impresa: «In pericolo c’è il Made in Italy». «Noi abbiamo già perso il 30 per cento della produzione, non parliamo solo di fatturato ma di prodotto rimasto fermo nei magazzini come conseguenza del lockdown nei vari Paesi. Nel nostro piccolo nel 2020, la perdita in cassa è già di oltre 11 milioni, costi per sostenere le attività del brand — head quarter, fabbriche, negozi, investimenti sul marchio ma anche per la messa in sicurezza e la tutela del personale, parliamo di 600 lavoratori. E i primi mesi del 2021 sono ancora più penalizzati dalla pandemia. Nel 2020, come contributi abbiamo ricevuto poche decine di migliaia di euro — 70 mila per gli affitti —. Abbiamo potuto accedere a un finanziamento bancario Covid dal Medio Credito Centrale da rendere in sei anni a un tasso basso ma, con la situazione che si prospetta, per una ripresa ci vorranno almeno due anni». Nulla sarà più come prima, ragiona l’imprenditore. «Milano è deserta, come le altre città europee, ma noi abbiamo continuato comunque a investire per dare continuità alle attività di vendita negli show room e nei negozi prevalentemente chiusi». Che cosa servirebbe? «Una parte di finanziamento a fondo perduto per tenere in piedi il Made in Italy». A rischio sono soprattutto le grandi aziende e i piccoli della fiera come sottolineava anche Carlo Capasa. «Non ci siamo solo noi — continua Zanotti — c’è il distretto vivo di San Mauro Pascoli: suolifici, tacchifici, le subforniture di accessori, centinaia di attività artigianali». In questo periodo così difficile il web è stato l’unica fonte di sostegno. «Con le aziende chiuse siamo riusciti a vendere lo stesso i prodotti direttamente al consumatore, ma pure qui abbiamo fatto tutto da soli, con le nostre risorse». Anche per il mondo digitale è necessario sostenere costi in tecnologia, formazione, logistica. «Se per il web, che è sviluppo, fosse previsto il 50 per cento a fondo perduto, impresa e filiera potrebbero fare balzi in avanti. Ora organizzeremo la vendita della collezione fall winter
2021 attraverso gli show room virtuali, allo stesso tempo non possiamo chiudere quelli fisici (Milano, Parigi, New York,
Hong Kong), perché la speranza è di ripartire». Il romagnolo è positivo per indole.
«Ma non posso non essere preoccupato e nervoso. In 30 anni ho fatto un percorso di soddisfazione e mi spiace l’idea che si disperda questo valore che deve passare alle nuove generazioni e al territorio che mi ha tanto aiutato a creare il marchio e ha contributo al mio successo. Il futuro si fa solo se si investe. Si deve investire in giovani qualificati, competenze nel digital marketing, nel prodotto, nel brand. Noi lo stiamo facendo. Il governo? Pare sordo e anche le associazione sembrano sentirci poco. Dovrebbero battere i pugni sul tavolo».