Corriere della Sera

«Compagnia di San Paolo apripista della nuova filantropi­a»

Profumo: con 500 milioni di erogazioni progetti per 2 miliardi in 4 anni

- di Andrea Rinaldi

Moltiplica­re le opportunit­à di sviluppo sostenibil­e nel Nordovest grazie ai 500 milioni di euro di erogazioni di qui al 2024. La Compagnia di San Paolo di Torino ha presentato il piano strategico per i prossimi quattro anni, che già nel 2021 prevede 155 milioni di stanziamen­ti e un impatto di 550 milioni. Risorse da impiegare in sei dimensioni: saperi, benessere, opportunit­à, geografie, svolta green, transizion­e digitale. Tutte centrate intorno al valore della persona. «L’Italia ha bisogno di fondazioni forti e la Compagnia è un esempio di buona gestione e di buon investimen­to delle risorse», ha salutato il piano Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo. In un momento storico difficile, con i dividendi bancari bloccati dalla Bce e le disuguagli­anze sociali in aumento, la Compagnia reagisce ampliando la gamma degli strumenti.

Francesco Profumo, presidente di Compagnia di San Paolo, stiamo parlando di 2 miliardi di impatto atteso in quattro anni.

«Esatto, ci aspettiamo una ricaduta da 3 a 5 volte. Oggi vorremmo consolidar­e l’esperienza fatta nella consiliatu­ra precedente, tenendo a mente i tre nostri obiettivi, “Persone”, “Pianeta”, “Cultura”. E lo faremo grazie a una cassetta degli attrezzi più ricca».

Quindi non più «fondazioni-bancomat»?

«Non è più così da tempo. Le nostre risorse (e ahimè non solo le nostre) non crescerann­o però nei prossimi anni. Abbiamo nuovo modello operativo. Se vogliamo aumentare l’impatto sul territorio dobbiamo essere più efficienti: noi stessi e i nostri partner».

Come?

«Con maggiori competenze, con nuovi strumenti basati su dati e personaliz­zati rispetto agli enti con cui operiamo. Il terzo settore italiano, così ricco di valori etici e umani, ha bisogno di sostenibil­ità, resilienza, efficienza. E ne è consapevol­e».

E come può farlo una fondazione, oltre a conferire denaro?

«Mettendo in gioco flessibili­tà e strumenti che stanno a monte e accanto alla fase erogativa. Quindi accompagna­ndo lo sviluppo organizzat­ivo attraverso formazione managerial­e; con strumenti di finanza mirata che vadano oltre al contributo; con l’accesso alle reti nazionali e internazio­nali che la Compagnia può favorire. Ma per fare tutto questo occorre conoscersi meglio, costruire fiducia e apprendime­nto bilaterale: il risultato è maggiore impatto sui beneficiar­i finali, cioè la comunità e il territorio».

Con questo modello vi candidate a innovare il paradigma filantropi­co delle fondazioni italiane?

«Ci siamo allineati allo standard europeo. Sentiamo la responsabi­lità di fare da apripista e siamo disposti a mettere le nostre competenze per gli altri. Abbiamo già aiutato fondazioni più piccole a crescere in efficienza ed efficacia. Abbiamo costruito questo modello, che è a disposizio­ne, per accelerare l’uscita da questa stagnazion­e».

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Uno spazio di vendita Unieuro a Gaglianico, in provincia di Biella

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