«Compagnia di San Paolo apripista della nuova filantropia»
Profumo: con 500 milioni di erogazioni progetti per 2 miliardi in 4 anni
Moltiplicare le opportunità di sviluppo sostenibile nel Nordovest grazie ai 500 milioni di euro di erogazioni di qui al 2024. La Compagnia di San Paolo di Torino ha presentato il piano strategico per i prossimi quattro anni, che già nel 2021 prevede 155 milioni di stanziamenti e un impatto di 550 milioni. Risorse da impiegare in sei dimensioni: saperi, benessere, opportunità, geografie, svolta green, transizione digitale. Tutte centrate intorno al valore della persona. «L’Italia ha bisogno di fondazioni forti e la Compagnia è un esempio di buona gestione e di buon investimento delle risorse», ha salutato il piano Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo. In un momento storico difficile, con i dividendi bancari bloccati dalla Bce e le disuguaglianze sociali in aumento, la Compagnia reagisce ampliando la gamma degli strumenti.
Francesco Profumo, presidente di Compagnia di San Paolo, stiamo parlando di 2 miliardi di impatto atteso in quattro anni.
«Esatto, ci aspettiamo una ricaduta da 3 a 5 volte. Oggi vorremmo consolidare l’esperienza fatta nella consiliatura precedente, tenendo a mente i tre nostri obiettivi, “Persone”, “Pianeta”, “Cultura”. E lo faremo grazie a una cassetta degli attrezzi più ricca».
Quindi non più «fondazioni-bancomat»?
«Non è più così da tempo. Le nostre risorse (e ahimè non solo le nostre) non cresceranno però nei prossimi anni. Abbiamo nuovo modello operativo. Se vogliamo aumentare l’impatto sul territorio dobbiamo essere più efficienti: noi stessi e i nostri partner».
Come?
«Con maggiori competenze, con nuovi strumenti basati su dati e personalizzati rispetto agli enti con cui operiamo. Il terzo settore italiano, così ricco di valori etici e umani, ha bisogno di sostenibilità, resilienza, efficienza. E ne è consapevole».
E come può farlo una fondazione, oltre a conferire denaro?
«Mettendo in gioco flessibilità e strumenti che stanno a monte e accanto alla fase erogativa. Quindi accompagnando lo sviluppo organizzativo attraverso formazione manageriale; con strumenti di finanza mirata che vadano oltre al contributo; con l’accesso alle reti nazionali e internazionali che la Compagnia può favorire. Ma per fare tutto questo occorre conoscersi meglio, costruire fiducia e apprendimento bilaterale: il risultato è maggiore impatto sui beneficiari finali, cioè la comunità e il territorio».
Con questo modello vi candidate a innovare il paradigma filantropico delle fondazioni italiane?
«Ci siamo allineati allo standard europeo. Sentiamo la responsabilità di fare da apripista e siamo disposti a mettere le nostre competenze per gli altri. Abbiamo già aiutato fondazioni più piccole a crescere in efficienza ed efficacia. Abbiamo costruito questo modello, che è a disposizione, per accelerare l’uscita da questa stagnazione».