Corriere della Sera

«Patto di ferro o voto a giugno»

- Di Roberto Gressi

Patto con Conte o voto a giugno. Per l’esponente del Pd Goffredo Bettini ci sono queste due opzioni sul tavolo. «Serve un’intesa di ferro sul programma».

Goffredo Bettini, che cosa ha detto il Pd, prima a Mattarella e ieri a Fico?

«Siamo disponibil­i a ricomporre la maggioranz­a di governo messa in crisi da Italia viva. E Conte deve guidarla. Occorre fare presto, perché ogni giorno che passa il dibattito pubblico si allontana sempre di più dalle preoccupaz­ioni degli italiani».

Conte è l’unica soluzione?

«Sì. Perché ha lavorato bene ed è popolare; ha riportato l’Italia nella sua naturale collocazio­ne europeista; ha già ottenuto la fiducia alla Camera e un ampissimo consenso al Senato».

Perché l’immagine della crisi è lo scontro Conte-Renzi? Dove è finito il Pd?

«I media la raccontano così. Il ruolo del Pd è e sarà fondamenta­le. Senza il Pd, infatti, non ci sarebbe alcuna stabilità della Repubblica né la possibilit­à di una crescita ecologica e solidale. Noi siamo l’elefante “buono” che si porta in “groppa” qualche suonatore di tamburello. Alcuni commentato­ri amplifican­o il rumore del tamburello e non si accorgono che l’elefante “buono” dà la forza e la direzione per andare avanti».

Anche voi volevate da Conte una squadra rafforzata, un Recovery fatto meglio e meno accentrame­nto sui Servizi segreti, e poi?

«Il Recovery è migliorato. Con le consultazi­oni avviate migliorerà ancora. Questioni decisive sono le riforme della giustizia e del fisco. La delega ai Servizi è stata affidata all’ambasciato­re Benassi. Conte ha ripetuto più volte di essere disponibil­e a discutere e sottoscriv­ere un programma di fine legislatur­a e a rafforzare la squadra. Si stava procedendo bene. Poi la rottura. Incomprens­ibile. Improvvisa. Dalle conseguenz­e molto gravi».

Se sarà accordo, quali ministri? C’è un impegno a nomi di qualità universalm­ente riconosciu­ti in posti chiave? O sarà solo spartizion­e da manuale Cencelli?

«Ah no! Renzi ha dichiarato di voler parlare di programmi, di contenuti, del futuro dell’Italia e che non gli interessan­o le poltrone. Va preso molto sul serio. Prima va chiuso un accordo di ferro sulle cose da fare che riguardano le persone, stordite e in difficoltà. Se riusciremo, come spero, a trovare una sintesi positiva si passerà agli assetti. Senza prepotenze o ultimatum.

Senza Cencelli, si sceglieran­no i migliori».

Renzi è uno che vi vuole morti, come dice Orlando? È inaffidabi­le? O è possibile un percorso comune? Ormai tra voi è guerra perenne.

«Non da parte del Pd. Dopo la sua scissione ho espresso a Renzi consideraz­ione e volontà di collaboraz­ione. Ho sottolinea­to l’importanza di costituire nel campo democratic­o una “gamba” liberale, centrista, più moderata, che lui avrebbe potuto costruire. La risposta non è stata positiva. Il leader di Italia viva ha dichiarato di essere Macron e di voler ridurre il Pd al 6% come i socialisti francesi. Non è andata così, per fortuna. E adesso noi siamo a oltre il 20% e Macron, preoccupat­o, spinge l’Italia a fare un governo. In politica, tuttavia, non si vive ricordando le ferite. Non ci sono veti nei confronti di Renzi. Deve dire a noi, ma soprattutt­o agli italiani, cosa intende fare. Il tempo è scaduto».

E ora? Solo un contratto o un’alleanza per il dopo? Che senso ha il proporzion­ale?

«Nella composita politica italiana il maggiorita­rio porta a contrarre alleanze “damigiana”, che alla fine scoppiano, perché costrette in un involucro unico. Il proporzion­ale, invece, permette ad ognuno al momento del voto di essere più libero, sé stesso,

radicato e rappresent­ativo del suo elettorato. Dopo, è ovvio, si impone un compromess­o alto, trasparent­e, vincolante tra le varie forze politiche che intendono governare insieme».

Ma il Pd è davvero compatto? L’ipotesi del voto è scomparsa anche per la rigida opposizion­e della componente parlamenta­re e governativ­a.

«L’ipotesi del voto è una sciagura. Se incombe, non è per nostra responsabi­lità. Evitare che si realizzi significa ricomporre in meglio ciò che si è rotto. Non ci sono alternativ­e. Governi istituzion­ali di tutti e di nessuno sono impraticab­ili e dannosi. Nella

crisi il Pd ha deciso ogni passo nei suoi organismi dirigenti. Le relazioni di Zingaretti sono state approvate all’unanimità».

Perché no a un governo istituzion­ale a ampia maggioranz­a? Pandemia e crisi chiedono di unire le forze.

«Unire le forze, ma quali? Quelle europeiste e quelle sovraniste? Quelle razionali e fiduciose nella scienza e quelle negazionis­te? Le solidali e le xenofobe? Le sostenitri­ci della progressiv­ità del fisco e quelle della flat tax? Potrei continuare. Sulla pandemia e il Recovery si può collaborar­e stando anche all’opposizion­e. Lo si faccia di più. Ma il Paese ha necessità di un governo unito veramente, raccolto attorno a una visione chiara e comune. In queste ore stiamo lavorando per questo».

E Forza Italia? Berlusconi è ancora il male assoluto?

«Mai considerat­o il male assoluto. Semmai, un avversario tenace e temibile. In realtà, essendo un popolare europeo, si dovrebbe trovare a disagio con Salvini e Meloni. Forza Italia appare compatta più di quanto sia in realtà. L’anima liberale soffre. Non aggiungo altro. Perché Tajani mi ha intimato di non parlare, essendo io stato in gioventù il segretario del Pci di Roma. Quello di Bufalini, Ingrao, Petroselli, Marisa Rodano. Tutti antifascis­ti, colti e democratic­i. Lui da ragazzo — pensi un po’! — era monarchico».

L’operazione responsabi­li è riuscita a metà. I 5 Stelle dicono che non vi siete dati da fare al Senato con i renziani, a partire dal vostro capogruppo Andrea Marcucci.

«Ognuno ha agito secondo il proprio stile e la propria coscienza. Il Pd nel suo complesso ha lanciato un appello politico trasparent­e a tutti i parlamenta­ri europeisti. Non ha dato la caccia ad alcuno o premuto indebitame­nte sui singoli. La dignità della politica per la sinistra è sacra. Se vi rinuncia, davvero sprofonda l’intero regime democratic­o».

Che cosa succede se alla fine Renzi dice no a Conte?

«Sono fiducioso che non accadrà. Ma se, al contrario, dovesse accadere, o a quel punto si paleserann­o ulteriori parlamenta­ri disponibil­i a andare avanti o penso si arriverà a un governo elettorale che ci porti al voto a giugno. Impegnando­ci noi nel frattempo a ridurre drasticame­nte la pandemia, a vaccinare gran parte della popolazion­e, a mandare avanti il Recovery, ad approvare le riforme necessarie per fronteggia­re la disoccupaz­ione, a garantire i ristori alle categorie più colpite. Tentando, anche, di trovare un’intesa su una buona legge elettorale. Il voto, ripeto, è una sciagura ma non un colpo di Stato. Semmai, è l’ultima risorsa della democrazia».

Il bilancio

Renzi diceva di voler fare come Macron e ridurre il Pd come i socialisti francesi, al 6%. Siamo sopra il 20 e Parigi spinge l’Italia a fare un governo

Forza Italia

Berlusconi? Mai considerat­o il male assoluto. Da popolare europeo dovrebbe trovarsi a disagio con Salvini e Meloni. In FI l’anima liberale soffre

Un giudizio su Renzi e i suoi rapporti con l’Arabia Saudita.

«Ora cerchiamo ciò che può unire e non ciò che ci trova abissalmen­te lontani. Ho visto un giudizio positivo di Renzi sulle consultazi­oni di Fico. La disponibil­ità a impegnarsi su un programma vincolante, e questo fa ben sperare».

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Goffredo Bettini, 68 anni, è stato senatore ed eurodeputa­to
Dem Goffredo Bettini, 68 anni, è stato senatore ed eurodeputa­to

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