Corriere della Sera

LA SENTENZA (NON NECESSARIA) DEL GIUDICE

- di Aldo Grasso

Uscito da Palazzo Chigi, pressato dai cronisti, il giudice Nunzio Sarpietro si è concesso alla stampa. Chi è Sarpietro? È il gup del Tribunale di Catania che aveva appena ascoltato il premier a Palazzo Chigi sul «caso Gregoretti» (la nave della Guardia costiera bloccata da Matteo Salvini al largo di Lampedusa con a bordo 131 migranti).

Sarpietro era così soddisfatt­o delle testimonia­nze di Conte che si è lasciato andare, esprimendo giudizi fin troppo personali: «Mi ha fatto un’ottima impression­e. Credo che rappresent­i molto bene il Paese». Lo ha persino esortato al Conte ter.

Tempo fa, sempre a proposito di questo processo, Sarpietro si era sentito in dovere di tranquilli­zzare Salvini, che si atteggiava a martire: «Non si preoccupi, senatore. Avrà un processo giusto, sereno e imparziale». Ci teneva anche a far sapere a Salvini che condividev­a i giudizi su Palamara e sulle vergognose intercetta­zioni fra

Sarpietro

In pubblico i magistrati dovrebbero parlare con gli atti e «non di altro»

magistrati.

Luca Palamara, ex presidente Anm, ex componente del Csm (radiato), avrebbe infatti ostacolato la carriera di Sarpietro. Tutta colpa del rapporto perverso della politica con il Csm e delle varie correnti della magistratu­ra.

Vero. Giusto. Però, i cittadini davanti a un giudice non possono dire «parliamo d’altro». Così dovrebbero fare i giudici in pubblico: parlare con gli atti, non parlare d’altro.

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