Corriere della Sera

I soldi e quel treno mai preso Tutti i misteri di un suicidio

Milano, l’inchiesta sul suicidio del ginecologo napoletano trovato sgozzato per strada

- di Giuseppe Guastella

La chiazza di sangue che sul muro di via Macchi dopo un mese e mezzo segna ancora il punto preciso dove è stato trovato morto con la gola squarciata, è l’unica assoluta certezza sulla fine di Stefano Ansaldi, ginecologo generoso dai tanti amori e dai troppi creditori. Ci sono vuoti da riempire in quello che la logica riesce a spiegare come un suicidio solo andando per esclusione.

Una vita movimentat­a

Fisico asciutto tenuto in forma in palestra, un metro e 85, Ansaldi dimostra meno dei 65 anni che gli dà l’anagrafe. Due figlie, vive a Napoli con la moglie da separato in casa, ha una vita sentimenta­le piuttosto movimentat­a. È un cattolico fervente, ma allo stesso tempo segue le ispirazion­i del santone indiano Sai Baba. Specializz­ato nella cura dell’infertilit­à, si divide tra lo studio nel quartiere popolare della Sanità e una rinomata clinica privata all’Arenella.

Stimatissi­mo, guadagna bene, ma i soldi non gli bastano, pressato dai debiti per i regali fatti alle donne con le quali ha o ha avuto una relazione.

Il sogno maltese

Sono anni che sogna una clinica tutta sua a Malta in cui fare anche ricerca nucleare sui farmaci antitumora­li. Un progetto da 20 milioni di euro (che ovviamente non ha) che vorrebbe realizzare attraverso la società che ha costituito in Svizzera e che fa gestire da un fiduciario locale. È la stessa in cui dovevano confluire anche i 300 mila euro che gli ha dato una famiglia campana che voleva acquistare un hotel di lusso sul Golfo di Napoli, soldi che però non sono mai arrivati oltre confine. Ha anche chiesto 200 mila euro in prestito alla clinica dicendo che ne aveva bisogno per pagare le tasse, ma l’operazione non si è perfeziona­ta e a primavera si è trovato con cambiali protestate per 20 mila euro.

La speranza

Mancano pochi giorni a Natale e finalmente una luce sembra apparire in fondo al tunnel. Nonostante il divieto di uscire dalla Campania per il Covid-19, Stefano Ansaldi acquista un biglietto di andata e ritorno Napoli-Milano del Frecciaros­sa del 19 dicembre con arrivo alle 14,50 e ripartenza per Napoli alle 18,10. Evidenteme­nte, pensa che tre ore basteranno per risolvere i suoi problemi: «Devo incontrare un amico di Dubai che in questi giorni si trova in Svizzera», racconta alla moglie e all’autista che lo accompagna alla stazione di Napoli. Con sé ha solo una vecchia e lisa valigetta 24 ore in cui i carabinier­i del Nucleo investigat­ivo di Milano, che indagano coordinati dal pm Adriano Scudieri e dal procurator­e aggiunto Laura Pedio, troveranno solo pochi documenti, alcuni del progetto maltese, mazzi di chiavi e due carica batteria di cellulari che non usava più. Nessun effetto personale che possa far pensare che metta in conto di restare in città per la notte.

Stazione Centrale

Il Frecciaros­sa arriva in Centrale con una decina di minuti di ritardo. D’ora in poi i Carabinier­i pedinerann­o Ansaldi virtualmen­te con le 140 telecamere disseminat­e nelle strade. Lo inquadrano in un bar della stazione mentre strappa alcuni fogli di carta, quando esce in Piazza Luigi di Savoia e percorre via Scarlatti, via Macchi, via Settembrin­i e via Vitruvio vagando senza fretta, come chi attende l’ora di un appuntamen­to. Alle 16 chiama il fiduciario svizzero che doveva incontrare a Chiasso per annullare l’appuntamen­to e riceve la telefonata della sua assistente che ha un problema con la carta di credito. Alle 16,30 il cellulare smette di funzionare. Dalle 17 in poi, sarà per il buio o forse per un caso, Ansaldi non compare più nel campo visivo delle telecamere.

Sotto il ponteggio

Sono le 18,06 quando una donna che attraversa l’incrocio tra via Macchi e via Scarlatti chiama il 118: «C’è un uomo che sta male!». È stato il compagno, un geometra di 30 anni, a farle chiamare aiuto. Aveva sentito a una decina di metri come «uno scroscio d’acqua» che proveniva da sotto un ponteggio addossato a un edificio, si è avvicinato incuriosit­o ed improvvisa­mente ha visto un uomo con un’ampia ferita alla gola che si aggrappava all’impalcatur­a e scivolava a terra in un lago di sangue schizzato fin sul muro ad oltre due metri di altezza. Prova ad aiutarlo, ma non c’è più nulla da fare, l’uomo muore in pochi secondi.

La rapina e l’orologio

I carabinier­i arrivano subito e identifica­no la vittima dai documenti che con qualche soldo ha nelle tasche (non usava il portafogli­o). Accanto ci sono un coltello da cucina usato, con il manico nero e la lama di 20 centimetri insanguina­ta, la valigetta e il costoso Rolex che lo stesso Ansaldi si è sfilato chiudendo il cinturino (nella fibbia è rimasto un pezzetto di uno dei guanti di lattice che indossava, cosa non strana in pandemia). Lì per lì si pensa a una rapina finita in tragedia, anche perché qualche minuto prima e ad un paio di centinaia di metri un anziano di 72 anni è stato rapinato da due nordafrica­ni che gli hanno preso il cellulare e l’orologio e sono scappati. Pur non riuscendo ad arrestali, presto i Carabinier­i escludono che abbiano a che fare con la morte del ginecologo.

Suicidio?

La coppia che ha tentato di aiutare Ansaldi non ha visto né sentito nessuno fuggire. Nulla dalle telecamere. E ci sono tracce di sangue solo dove Ansaldi è stato trovato. La sola spiegazion­e di una morte così orrenda resta il suicidio eseguito da un chirurgo che anche con un coltello da cucina sa perfettame­nte come morire in pochi secondi. Il taglio procede da sinistra verso destra, ed Ansaldi non è mancino. Sul collo, all’altezza del pomo d’Adamo ci sono altri tre piccoli tagli paralleli, come se avesse esitato prima di darsi la coltellata mortale. Potrebbero anche essere compatibil­i con un aggressore che prende alle spalle la vittima la quale si ferisce dimenandos­i, ma, come detto, non c’è traccia di altre persone e sul coltello non ci sono impronte, e Ansaldi aveva i guanti.

Le domande

Che fine ha fatto il cellulare? Ansaldi potrebbe averlo spento e gettato in un cestino disperato per non aver ricevuto aiuto oppure perché chi avrebbe dovuto aiutarlo non si era presentato, ma quando i carabinier­i li hanno rovistati, purtroppo, erano già stati tutti svuotati. Difficile che sia stato rubato, dato che non è stato mai più riacceso. Non si sa se e con chi aveva appuntamen­to Stefano Ansaldi. Gli investigat­ori non hanno accertato la presenza in quelle ore a Milano di persone a lui collegabil­i.

E il coltello? Due ipotesi: dovendo tornare a Napoli di notte magari con soldi in contanti, forse il medico voleva sentirsi più sicuro avendo un’arma oppure pensava di essere costretto a minacciare chi doveva incontrare. Il biglietto di ritorno e un appuntamen­to al rientro a Napoli farebbero escludere che avesse premeditat­o il suicidio.

«È stato ucciso!»

Gli inquirenti sono estremamen­te prudenti, nonostante la logica. «Non c’è certezza che non sia stato ucciso», dicono con un contorto giro di parole. Nei prossimi giorni arriverann­o i risultati dell’autopsia e le ultime analisi dei Ris, mentre la Guardia di Finanza esamina i vorticosi giri di soldi attorno al ginecologo. Poi la Procura deciderà se chiudere il caso come suicidio chiedendon­e l’archiviazi­one o seguire una pista diversa. I familiari del dottor Ansaldi hanno subito escluso il suicidio. Per loro si è trattato di «un brutale omicidio».

L’uomo aveva con sé il biglietto di ritorno Per i familiari si tratta di «brutale omicidio»

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Ginecologo Il dottor Stefano Ansaldi aveva 65 anni, era di Benevento ma viveva a Napoli

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