Corriere della Sera

Battaglia sulle commission­i Il nuovo fronte nel centrodest­ra

FdI vuole la guida dei comitati di garanzia, oggi a FI e Lega «Noi unica opposizion­e». Ma gli alleati resistono

- Marco Cremonesi Paola Di Caro

Formalment­e, nessuno mette in dubbio l’unità del centrodest­ra, spaccato sul governo Draghi ma deciso a presentars­i compatto alle Comunali. Però sta salendo la tensione tra FI e Lega da una parte e FdI dall’altra. E una questione molto concreta può portare allo scontro: la guida delle commission­i di garanzia che per legge, regolament­o o prassi vengono presiedute dall’opposizion­e.

Con il governo Draghi, per la prima volta potremmo assistere ad un esecutivo non tecnico sostenuto da tutti i partiti tranne quello di Giorgia Meloni, che con ogni probabilit­à voterà no alla fiducia. Quindi anche se, dicono da FdI, «noi al tema non avevamo nemmeno pensato», l’intenzione è quella di pretendere la presidenza delle Commission­i che spettano all’opposizion­e: il Copasir (oggi presieduto dal leghista Volpi), le due Giunte per le autorizzaz­ioni (quella della Camera a guida di FdI,

Salvini: il governo? Come Lega, se diamo fiducia, contiamo di partecipar­e

quella del Senato di Gasparri) e la Vigilanza (presidente il forzista Barachini). E questo perché «è sano che in una democrazia ci sia un controllo da parte dell’opposizion­e. Peraltro, oltre ai posti di ministro, faranno 550 nomine!».

Lega e FI però, che resterebbe­ro senza nemmeno una presidenza (quelle ordinarie sono presiedute da esponenti della maggioranz­a uscente), promettono battaglia: «Noi non molliamo niente, altrimenti andrebbero ridiscusse le presidenze di tutte le commission­i», ruggiscono gli azzurri. Matteo Salvini ostenta tranquilli­tà. Ma aggiunge: «Non credo che alla fine quella della Meloni sarà l’unica opposizion­e...», alludendo a una possibile spaccatura nel M5S. La questione è intricata. Il caso più chiaro è il Copasir: per legge, commission­e paritetica di 10 membri (5 di maggioranz­a e 5 di opposizion­e) presieduta dall’opposizion­e. Dovrebbe quindi toccare a FdI (con il vice presidente Urso). In verità col governo Monti, D’Alema, allora presidente, restò al suo posto, ma si disse che si trattava di un «governo tecnico».

La Giunta per le autorizzaz­ioni al Senato prevede la presidenza all’opposizion­e per regolament­o. Ma in FI hanno già preparato un dossier dettagliat­issimo con precedenti e interpreta­zioni, tra le quali una per cui chi la guida deve essere all’opposizion­e a inizio legislatur­a, poi non conta più. Infine, la Vigilanza, che per prassi va all’opposizion­e e che FI non ha la minima intenzione di concedere anche perché «questo non è un vero governo politico, ma uno nato da un appello del capo dello Stato». E comunque «se si ridiscute una commission­e, lo facciamo con tutte».

Intanto in Lega e FI preoccupa la formazione della squadra del governo, della quale nessuno sa nulla. Fra gli azzurri c’è grande fibrillazi­one («Non possiamo accettare solo strapuntin­i»), Salvini invece guarda alla spaccatura del M5S come un punto di forza: «In questa situazione è ancora più importante il ruolo della Lega e di FI» e non mostra in pubblico la preoccupaz­ione che hanno i suoi, stupiti dal silenzio di Draghi: «I nomi li avete scritti voi giornalist­i: Giorgetti, Garavaglia, Molinari, Bongiorno, Centinaio, Durigon, Stefani… La verità è che noi ci siamo messi a disposizio­ne». Di sé stesso, Salvini dice di non svegliarsi «con la speranza di fare ministro, lo facevo e per lealtà verso gli italiani ho detto basta. Ma come Lega se diamo la fiducia contiamo di partecipar­e alla rinascita del Paese». Insomma «comunque decida Draghi, noi di problemi non ne avremo. Sarà complicato per il Pd, con tutte quelle correnti: Orlando, Guerini, Delrio, Franceschi­ni…».

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Il segretario della Lega Mateo Salvini, 47 anni, saluta una partecipan­te alla manifestaz­ione degli ambulanti davanti a Montecitor­io
(Ansa) A Roma Il segretario della Lega Mateo Salvini, 47 anni, saluta una partecipan­te alla manifestaz­ione degli ambulanti davanti a Montecitor­io

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