Corriere della Sera

Transizion­e ecologica: dove il ministero c’è

Parigi vara un piano che cambierà le vite dei francesi, ma non rispetterà i traguardi Onu. Tre Paesi, tre esempi Macron «capofila» dei governi verdi

- di Stefano Montefiori DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Il primo ministro della Transizion­e, Nicolas Hulot, via dopo 15 mesi «Abbiamo fatto poco»

Nei ministeri dell’Ambiente della Ue — che mira a ridurre le emissioni del 40% entro il 2030 — si fanno largo sempre più spesso obiettivi di transizion­e ecologica. Nell’indicare la necessità di un ministero di questo tipo, Beppe Grillo ha elencato quelli di Francia, Svizzera e Spagna. Prima a istituirlo è stata la Francia, poi la Spagna; la Svizzera ha un dipartimen­to competente per trasporti, energia e sviluppo, la cui ministra persegue programmat­icamente la transizion­e.

«Un progetto obsoleto, che non corrispond­e più alla politica del governo e alle necessità di un settore in piena trasformaz­ione». Con queste parole Barbara Pompili, ministra francese della Transizion­e ecologica, ha annunciato la rinuncia al quarto terminal dell’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi. Si trattava di un progetto gigantesco, del valore di 9miliardi di euro, che avrebbe creato una sorta di nuovo aeroporto accanto a quello attuale con 450 voli supplement­ari al giorno.

Tre anni dopo la rinuncia alla pista di Notre Dame des Landes, vicino a Nantes, il governo francese abbandona un’altra importante infrastrut­tura per il trasporto aereo, venendo incontro a una sensibilit­à ecologista trasversal­e che si è manifestat­a con chiarezza alle ultime elezioni, le municipali del giugno 2020. Il presidente Macron ha fatto della «transizion­e ecologica» una delle priorità del suo mandato, ma la sua realizzazi­one è tormentata.

L’idea di «transizion­e ecologica» comincia a farsi largo nel 2007, quando l’allora presidente Nicolas Sarkozy, sotto l’influsso dell’animatore tv Nicolas Hulot, decide di riunire in un unico grande dicastero due settori fino a quel momento distinti, l’ambiente e i lavori pubblici. Jean-Louis Borloo diventa ministro dell’«Ecologia, dell’Energia e dello Sviluppo sostenibil­e (che i francesi chiamano durable, durevole, ndr), con delega alle tecnologie verdi». L’impostazio­ne viene mantenuta sotto la presidenza Hollande, e il potente ministero dell’Ecologia e dell’Energia, chiamato a conciliare gestione dell’ambiente e delle centrali nucleari, è affidato a Ségolène Royal, ex candidata presidenzi­ale ed esponente politica di primo piano. Nel 2017 il sistema partitico tradiziona­le — alternanza tra sinistra socialista e destra neogollist­a — crolla con la vittoria di Emmanuel Macron, e tra i maggiori indizi che una nuova era sta nascendo c’è il fatto che il presidente riesce finalmente a convincere Nicolas Hulot, popolare conduttore di trasmissio­ni a sfondo ambientali­sta, a entrare nel governo. Hulot diventa il numero due dell’esecutivo del premier Edouard Philippe e il primo «ministro della Transizion­e ecologica e solidale», con il compito di stimolare e gestire il passaggio della Francia a un’economia verde e sostenibil­e.

L’ambizione è molto alta, la realtà altrettant­o complessa. Dopo quindici mesi Hulot dà le dimissioni con una clamorosa intervista radiofonic­a in diretta: «Non voglio più mentire a me stesso e dare ai francesi l’impression­e che siamo all’altezza... Stiamo facendo solo piccoli passi, non bastano». È il 28 agosto 2018. Neanche tre mesi dopo, il 17 no vembre 2018, una misura decisa nel quadro della «transizion­e ecologica» — l’aumento del prezzo dei carburanti fossili e in particolar­e del diesel provoca la prima manifestaz­ione di quella che diventerà la rivolta dei gilet gialli: oltre 12 mila arresti, quasi cinquemila feriti, più di tremila condanne in poco più di due anni.

Per Macron è un trauma: se Nicolas Hulot lo accusava di fare troppo poco, i gilet gialli lo accusano di spostare i costi della transizion­e ecologica sulle classi più deboli, esempio perfetto di scollament­o tra élite parigina e cittadini comuni. Il presidente vuole imparare dagli errori e nell’ottobre 2019 ricorre a uno strumento senza precedenti, la «Convenzion­e per il clima»: 150 cittadini tirati a sorte, rappresent­ativi della popolazion­e francese, chiamati a proporre misure «per ridurre di almeno il 40 per cento l’emissione di gas a effetto serra entro il 2030». Nel luglio scorso la Convenzion­e pubblica un rapporto con 149 proposte, che vengono solo in parte recepite nel progetto di legge presentato due giorni fa. Sessantaci­nque articoli, tra i quali il divieto di affittare appartamen­ti inefficien­ti dal punto di vista energetico a partire dal 2028, cancellazi­one di alcune rotte aeree se il treno ci mette meno di due ore e mezza, o il divieto di pubblicità per le energie fossili (la benzina come le sigarette). Ma, secondo gli esperti, misure insufficie­nti a raggiunger­e gli obiettivi che lo stesso Macron aveva posto alla Convenzion­e per il clima.

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Il presidente francese Emmanuel Macron, creatore del primo «ministero per la Transizion­e ecologica» in Ue
Eliseo Il presidente francese Emmanuel Macron, creatore del primo «ministero per la Transizion­e ecologica» in Ue

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