Corriere della Sera

L’anti-show tra Fognini e Caruso Derby di fuoco e lite finale

- G. pic.

Una gazzarra da bar non è mai uno spettacolo edificante. Non lo è tra Lukaku e Ibahimovic su un campo di calcio (un Far West d’erba e pestoni assai più abituato alla caciara), figuriamoc­i su un campo da tennis. Ma poiché ieri a Melbourne doveva essere la giornata della maleducazi­one (una spettatric­e è stata portata via di forza dopo aver richiamato l’attenzione di Rafa Nadal per mostrargli il dito medio...) e poiché dobbiamo sempre farci riconoscer­e, ecco il regolament­o di conti tra Fabio Fognini — e qui resisterem­o alla tentazione di dire «chi altri?» perché l’ultima versione di Fognini, oltre alle caviglie, si sta davvero sforzando di ripulire dagli eccessi anche il comportame­nto — e Salvatore Caruso alla fine del secondo turno dell’Australian Open, un derby italiano che verrà ricordato a lungo nel giorno in cui Berrettini ha battuto il ceco Machac trovando Khachanov per un posto negli ottavi (out Sonego con l’anziano Feliciano Lopez). Un match teso e combattuto, come spesso sono i derby del tennis, quattro ore di corpo a corpo nervoso, sfociato in un duello verbale tra gentiluomi­ni a rete, con Fognini che dopo aver vinto (4-6, 6-2, 2-6, 63, 7-6) ha accusato il siciliano di avere avuto fortuna in svariate circostanz­e («Ne hai tirate quattro uguali di c..o e non mi hai chiesto scusa»), forse convinto che l’infortunio del rivale fosse tattico, e con Caruso il provocator­e nel ruolo del grande offeso («Da te non me l’aspettavo») ma non per questo meno colpevole. Se glissare era chiedergli troppo, Fognini è stato il primo a scusarsi: «Mi spiace che sia finita così, ci chiariremo». Chiamiamol­e cose che nascono e muoiono in campo, sennò poi ci tocca leggere il labiale, che è sempre spiacevole.

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