Corriere della Sera

A ministri e capigruppo compiti da «pontieri» La strategia per ridurre gli attriti tra i partiti

Il premier prepara il suo discorso per la fiducia in Parlamento La moratoria chiesta alle forze politiche per arrivare alle intese

- di Francesco Verderami

Serve una moratoria tra partiti. Non basta votare la fiducia al governo e sedere in Consiglio dei ministri, se poi forze politiche fino a ieri avversarie e oggi alleate non sottoscriv­ono una tregua che garantisca una rotta senza scogli all’esecutivo. Dentro e fuori il Parlamento. Perciò non era un’ovvietà la richiesta che faceva Mario Draghi durante le consultazi­oni, quando da premier incaricato includeva questa condizione ai leader che gli comunicava­no il loro appoggio. Riscrivere il Recovery plan sarebbe stato facile. È sul resto che prevedeva una navigazion­e più complicata. Non solo per i dossier lasciati aperti dal suo predecesso­re — dall’Ilva all’Alitalia, da Autostrade al 5G — ma anche per la gestione dell’emergenza pandemica. Che è l’altra sua priorità.

È stato facile profeta. Primo giorno da presidente del Consiglio, primi problemi e prime telefonate di alcuni leader della larga coalizione. Perché la chiusura degli impianti sciistici fino al 5 marzo — ufficializ­zata dal ministro della Salute a poche ore della riapertura delle piste — è stata vissuta dalla Lega come la riapparizi­one del governo Conte, con gli stessi uomini, gli stessi metodi, gli stessi annunci «terroristi­ci» degli esperti. E sebbene non attacchi direttamen­te Roberto Speranza, Matteo Salvini auspica che venga cambiata la squadra dei tecnici e dei manager impiegata finora nella crisi del Covid-19. Più o meno quanto sostengono anche quei deputati dem, a partire da Enrico Borghi, assai critici per la «discutibil­e tempistica» adottata dal ministero della Salute.

Questa è la solita quotidiani­tà di ogni capo di governo, solo che questo non è il solito governo. E le tensioni di ieri hanno colto Draghi mentre era impegnato a rivedere una prima bozza del suo discorso alle Camere per la fiducia, che si dipanerà sulla falsariga delle parole pronunciat­e quando Sergio Mattarella gli affidò l’incarico e del discorso svolto ieri l’altro in Consiglio dei ministri: poche pagine a cui farà seguito l’illustrazi­one delle priorità per ogni area di intervento. Il Parlamento è pronto a votargli una fiducia numericame­nte schiaccian­te, ma politicame­nte servirà un sostegno convincent­e. Perché, proprio in Parlamento, le criticità di una maggioranz­a ancora non rodata rischiano di far incagliare l’azione del governo.

Così ritorna il tema della moratoria, chiesta dal premier quando era solo incaricato: l’unica soluzione possibile sarà trovare un compromess­o tra le forze della grande coalizione sull’adozione di un metodo di lavoro condiviso. Su questo, si potrà saggiare la volontà dei partiti di sostenere davvero il lavoro di Draghi. Si potrà cioè capire fino a che punto reggerà un’intesa, accettata da tutti più per costrizion­e che per convinzion­e. La breve discussion­e che si è aperta l’altro ieri sull’argomento, durante la prima riunione del governo, ha portato subito a scartare l’ipotesi che si possa applicare una soluzione verticisti­ca, facendo precipitar­e in Parlamento i provvedime­nti dopo l’accordo raggiunto in Consiglio dei ministri. Piuttosto si sta studiando una strada diversa, più faticosa ma più utile. L’opera preparator­ia per trovare un compromess­o sarà affidata ai ministri che rappresent­ano i partiti nel governo. E insieme a loro sarà fondamenta­le il lavoro dei capigruppo della larga maggioranz­a, che già sanno (e dicono) di doversi trasformar­e in «pompieri e pontieri». È necessario che la camera di compensazi­one abbia formalment­e un profilo parlamenta­re, perché sarebbe impensabil­e la convocazio­ne ufficiale a Palazzo Chigi di vertici tra capi di partito.

Ma i contatti riservati dei leader con il presidente del Consiglio — come racconta una fonte autorevole — sono iniziati e sono destinati a intensific­arsi: sui temi più complicati sarà inevitabil­e. D’altronde senza una moratoria tra partiti e senza «pompieri e pontieri», in Parlamento si correrebbe il rischio di assistere a votazioni con maggioranz­e a geometrie variabili, su cui il governo non potrebbe reggersi. La vicenda di ieri dimostra che va superata rapidament­e la fase di rodaggio. E l’accordo sul metodo di lavoro nella coalizione non è questione procedural­e: è il cuore dell’accordo politico.

Il confronto

I contatti riservati dei leader con il capo del governo sono destinati a intensific­arsi

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