Corriere della Sera

L’assemblea infuocata e l’avvertimen­to dei big: così ci indeboliam­o, a rischio 18 incarichi

Crimi promette: se abbattono la prescrizio­ne usciamo dal governo E spiega: con meno voti non avremo 3 vice e 15 sottosegre­tari

- di Emanuele Buzzi

Lo scontro e gli equilibri. I vertici del Movimento sono nel mirino della base e dei ribelli che vogliono votare no. Due giorni, tre round. Vito Crimi torna ad affrontare i senatori: una nuova riunione di quattro ore dopo le due di sabato con i parlamenta­ri (prima con gli eletti a Palazzo Madama e poi con quelli di Montecitor­io). Il confronto è duro e finisce con un nulla di fatto.

Il capo politico prova a spiegare le ragioni del sì. «Appoggiate­ci e poi vediamo, potremmo rompere le scatole su tutto», è il ragionamen­to che il capo politico fa ai senatori. Cita una parabola del pugile che odia la violenza e resta fuori dal ring senza vincere mai. Dice che è stato Beppe Grillo a indicare i dicasteri di interesse (sono stati citati i temi sul suo blog). Si difende dicendo che i forzisti da soli non potranno decidere nulla. (Già la sera prima con i deputati aveva detto: «Se qualcuno abbatte la prescrizio­ne noi ci ritiriamo dal governo»). Poi tocca un altro tasto: «Continuare con il no indebolirà il Movimento al governo». Crimi parla del sottogover­no. In ballo ci sono i numeri: quindici sottosegre­tari e tre viceminist­ri che rischiano di saltare. Ma l’ala critica ribatte: «Il Recovery lo controllia­mo dagli Esteri? O dall’Agricoltur­a?». «Asteniamoc­i così non perdiamo la faccia», replicano. Il finale è un nulla di fatto con Crimi che se ne va e poi interviene in chat: «Da domani comincerem­mo a spingere per avere un numero adeguato e anche superiore di sottosegre­tari alle dimensioni del gruppo. Se siamo meno di 282 a votare la fiducia ovviamente cambiano le percentual­i e il numero di sottosegre­tari spettanti. Quello che cercavo di farvi capire sul potere contrattua­le».

E proprio sui sottosegre­tari inizia ad aprirsi una sfida inI terna, anche tra i lealisti al nuovo governo. «Dovranno scegliere uno tra Crimi e Sibilia e voglio vedere come possono tenere il gruppo se scelgono il capo politico», dice una parlamenta­re. «Chi ci ha portato fin qui si dovrebbe fare da parte», sottolinea un Cinque Stelle. Il riferiment­o è agli ex ministri uscenti, che però non dovrebbero rientrare nel novero, mentre per l’ex sottosegre­tario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro ci sono delle possibilit­à. «Vediamo quali brillanti ruoli riusciamo a strappare», ironizza un altro Cinque Stelle.

vertici cercano di gettare acqua sul fuoco. Non arriva nessuna presa di posizione forte nonostante le polemiche. C’è chi è sicuro: «La fronda al momento del voto si ridurrà. E drasticame­nte». Già al Senato si dice che i no convinti siano una ventina, che dieci eletti a Palazzo Madama possano rientrare nell’alveo. E c’è chi si lamenta: «I critici dovrebbero comprender­e che la strada ormai è tracciata e che cambiarla ora danneggia solo ulteriorme­nte il Movimento». «Qui nessuno vuole spaccare il gruppo, ma ci siamo trovati di fronte a una situazione a cui era impossibil­e sottrarsi». I contiani, sostengono i ben informati, dopo la nomina di Patuanelli all’Agricoltur­a, si schiereran­no per il sì.

Tuttavia i tentativi di trovare una soluzione alla crisi interna al Movimento per il momento non trovano sbocchi. La stessa idea proposta da Davide Casaleggio di tollerare l’astensione viene vista come una ingerenza. «Abbiamo ancora tre giorni per salvare la faccia e rimanere compatti: è il momento di provare ad ascoltarci l’un l’altro», commenta un pentastell­ato moderato. Ma proprio qui viene il difficile.

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Il reggente 5 Stelle Vito Crimi, 48 anni, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, 34, che è stato capo politico del Movimento dal settembre 2017 al gennaio 2020 (Ansa)
Vertici Il reggente 5 Stelle Vito Crimi, 48 anni, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, 34, che è stato capo politico del Movimento dal settembre 2017 al gennaio 2020 (Ansa)

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