CNR, LA MINISTRA MESSA SCEGLIE IL PRESIDENTE MA LA FAVORITA ERA LEI
Amezzanotte è scaduto il mandato del presidente del Cnr, il centro di ricerca pubblica più importante del Paese. A dire il vero è scaduto per l’ennesima volta. E non è l’unico: insieme al Cnr anche altri centri minori ma non per questo non importanti, come l’Ingv, l’Inrim e l’Area Science Park di Trieste, finiscono nello stesso limbo. La nomina del nuovo presidente del Cnr era attesa da inizio 2020 e tra una proroga e l’altra si è arrivati fino al governo Draghi. Così da oggi il fisico Massimo Inguscio, anche per raggiunti limiti di età nella pubblica amministrazione, dovrebbe lasciare il Cnr senza testa. È questo il primo e più delicato dossier che il nuovo ministro della Ricerca, Maria Cristina Messa, eredita. Quasi uno «gliuommero de sberretà» avrebbe detto Gadda, un delicato gomitolo da dipanare: il ministro della Ricerca, per prassi consolidata, sceglie su una cinquina di nomi selezionata da un comitato scientifico. Solo che il nome più quotato della cinquina per prendere la guida del Cnr era proprio il suo: Messa. Tre settimane fa sembrava cosa fatta e l’ex rettrice della Bicocca, già vicepresidente del Cnr, sarebbe dovuta diventare la prima donna a guidarlo in quasi un secolo di storia: la prima scienziata a sedere su una poltrona che è stata di Guglielmo Marconi. Ma l’ex ministro Gaetano Manfredi non ha mai messo la sua firma, con il paradosso che ora gli ha dovuto lasciare dicastero e dossier. Ad intricare il gomitolo c’è il fatto che il cda di sabato, che avrebbe dovuto scegliere il vicepresidente, è andato deserto. E Patrizio Bianchi, nominato consigliere poche ore prima da Manfredi, ha lasciato, essendo entrato nel governo. Come si è giunti a questo Pasticciaccio di piazzale Aldo Moro? È il costo del non-fare, il prezzo dei rinvii. Ora il ministro dovrà metterci una pezza non facile, optando per il secondo nome o pensando a una soluzione ponte per una nuova cinquina.