«Per portare la F1 nel futuro servono piloti-eroi come Lewis»
Dobbiamo far vedere che non siamo un mondo a parte Tv e tifosi ci chiedono di innovare: potremmo provare la gara sprint. Il calendario? Spero ancora con 23 Gp Sento Ecclestone e Carey: sono riferimenti preziosi
Lewis che comunica le proprie idee attrae anche le persone lontane dall’agonismo delle corse
Non ho consigli per lui, si tratta di restare concentrati sulle priorità senza sentire la pressione
Lo conosco da quando è nato, la sua forza mentale è straordinaria, ma adesso diamogli tempo
«L’esperienza accumulata nel 2020 ha reso la F1 più pronta nella risoluzione dei problemi. Ha creato una base per affrontare il Mondiale 2021, ben più complesso. Per fortuna questo è un ambiente che conosco da tempo, altrimenti lavorando a distanza, comprendere le sinergie, le persone, sarebbe stato ben più arduo». Stefano Domenicali viaggia a ritmi serrati. È a capo della F1 da poco più di un mese, ha già trovato il passo per tradurre la propria credibilità in proposte accolte da una famiglia votata alle divisioni. Con l’idea di produrre un vero salto di qualità.
Quando guarda al futuro ha in mente qualche ingrediente indispensabile?
«Il tema “automobili” oggi suscita sentimenti contrastanti. Oggetti del desiderio ma anche elementi di disturbo. La F1 dovrebbe superare tutto questo, offrire una bellissima sfida tecnologica dominata da piloti-eroi».
Piloti-eroi, cosa intende esattamente?
«Penso a figure che appartengono all’agonismo e che, nel contempo, sanno rappresentare valori universali, in modo da rendere più appetibile la nostra piattaforma a partner presenti e futuri. Qualcosa che faccia innamorare chiunque. Quando affermiamo “We race as one” lanciamo un messaggio al quale credo molto, fa capire ai giovani che le corse non stanno in un mondo a parte ma sono parte anche del loro mondo».
Sta parlando di un atteggiamento simile a quello scelto dalla Nba?
«Sì. Credo che F1 e basket abbiano manifestato identica sensibilità su temi che riguardano la vita di ciascuno di noi. Conosco Adam Silver, commissioner Nba, ci incontreremo presto e vorrei condividere con altre discipline sportive un percorso comune».
Dunque Hamilton, uomo impegnato e campione, pesa di più di una Ferrari che fatica a vincere?
«L’avventura Ferrari interessa l’intera platea sportiva, me compreso. Hamilton che punta a diventare l’unico pilota a 8 titoli e intanto comunica le proprie idee, tocca corde particolari, attrae persone più lontane dall’agonismo. Per questo incontrerò tutti i piloti: è importante che ciascuno di loro comprenda l’importanza del proprio ruolo non solo come professionista, ma come uomo che ha a cuore ciò che gli sta attorno».
Il congelamento dei motori non rischia di sembrare un controsenso per un mondo all’avanguardia tecnologica?
«Non credo. Il livello tecnologico delle power unit è stellare, unico al mondo. Serve pensare alla sostenibilità. Una azienda non affronta un progetto se non sono chiari costi e ritorni sull’investimento, atteggiamento che in F1 non è mai esistito. Ci siamo detti: risparmiamo su fronti meno rilevanti per rilanciare nuovi sviluppi, per consentire ai team di sopravvivere e ad altre aziende di entrare in gioco, senza perdere fascino».
Gare sprint il sabato per definire la griglia del Gp. Le vedremo davvero quest’anno?
«Aumentare l’attenzione del pubblico e migliorare il livello commerciale della nostra offerta: i correttivi al format arrivano da qui. Televisioni, organizzatori, tifosi chiedono di innovare. Ci proviamo. Potremmo sperimentare le sprint race in tre occasioni spettacolarizzando il weekend. Il dna della F1 non cambia ma è giusto corrispondere un’aspettativa».
Calendario 2021. A che punto siamo?
«L’obiettivo, ancora oggi, è confermare i 23 Gp. Lo dico pur di fronte a un panorama in evoluzione. Ma prima dell’estate sarà difficile accogliere pubblico sulle tribune».
Ha lavorato in Ferrari 23 anni. Come vede il Cavallino?
«Stiamo parlando di una parte fondamentale della mia vita. Vedo un’azienda alla ricerca di una stabilità che possa garantire competitività. Non ho nulla da consigliare al mio amico Mattia Binotto. In Ferrari si tratta di rimanere concentrati sulle priorità senza farsi distrarre dall’enorme pressione che ti circonda».
Domenicali dopo Chase Carey, dopo Bernie Ecclestone. Quali gli insegnamenti più preziosi?
«La F1 è nata grazie a Ecclestone, è cresciuta grazie alla sua visione. Carey è stato capace di raccogliere quel testimone per crescere in una dimensione diversa. Il mio obiettivo è incrementare queste eredità. Li sento entrambi, sono riferimenti preziosi».
Il patto segreto con la Ferrari, il plagio Racing Point, difformità nelle sanzioni. Come può cambiare l’atteggiamento della Fia?
«Le polemiche fanno parte della storia della F1. Mi aspetto che l’arbitro metta a tacere dissidi e sospetti passati. Trasparenza. Ogni area grigia estinta. Vedo un’autentica volontà in questo senso».
Quindi, dopo la Mercedes Rosa non vedremo una Mercedes Verde-Aston Martin?
«No, non ci saranno altre discussioni, i chiarimenti sul tema sono espliciti».
La rivoluzione arriverà nel 2022. Il suo scenario ideale prevede 6 vincitori diversi in 6 gare?
«Sarebbe come fare bingo. Nel pensare ad un nuovo regolamento tecnico c’è questa speranza. Si capirà qualcosa già quest’anno».
Mick Schumacher in F1. Quali emozioni suscita?
«Lo conosco da quando è nato, il mio coinvolgimento personale è molto rilevante. Mick ha scelto di seguire le orme di un padre molto «pesante». La sua forza mentale è straordinaria. Però adesso diamogli tempo».
Esperto, disinteressato, competente: molti apprezzamenti e grandi aspettative. Si sente il Draghi della F1?
«Ma no. Qui, più semplicemente, si tratta di cogliere ogni opportunità, di mettere a registro ogni potenzialità per fare qualcosa di molto bello. Le aspettative sono stimoli. Cerco di essere me stesso e di farmi forza di fronte ad ogni difficoltà, senza maschere, senza alibi».